Ritratti. Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: l’uomo, il carabiniere, il patriota

Una vita dedicata al servizio dello Stato

Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa

Carlo Alberto Dalla Chiesa

Carlo Alberto nasce nella cittadina sabauda, Saluzzo, provincia di Cuneo, il 27 settembre 1920 da Romano, generale dei Carabinieri Reali (che successivamente parteciperà con Cesare Mori nelle operazioni antimafia in Sicilia) e Maria Laura Bergonzi. Il giovane, come gli altri del periodo storico del tempo, viene educato al culto della Patria, al senso del dovere e ai valori propri dell’Arma vissuti in famiglia. Dopo essersi diplomato, a 19 anni si iscrive in Legge. Nello stesso periodo la 15enne Dora Fabbo si innamora del giovane dall’aria intellettuale, alto, serio, con occhi grandi e sorriso buono e nel ‘46 diverrà sua sposa.

La patria chiama

Nel ’40 l’Italia è costretta ad entrare in guerra. La Patria chiama e pertanto Carlo Alberto frequenta la scuola degli ufficiali di complemento di Spoleto e nel 1941 partecipa alle operazioni di guerra del Montenegro con il grado di sottotenente di fanteria del 120° Reg.to della Brigata Emilia. Nel 1942 transita nell’Arma dei Carabinieri Reali e successivamente viene assegnato alla tenenza di San Benedetto del Tronto e poi ad Ascoli Piceno. Qui svolge il suo servizio in maniera esemplare sempre e comunque in difesa della Patria in guerra.

Arriva il tragico 8 settembre 1943, l’Italia è divisa in due e il nostro tenente è chiamato, come tutti gli italiani, a scegliere da quale parte stare. Nelle circostanze i partigiani della zona erano contrastati dall’azione repressiva dell’Ufficiale in quanto impediva loro di essere riforniti di armi dal nemico anglo-americano. Al precipitare degli eventi i tedeschi da alleati divennero nemici e il nostro, dopo un lacerante periodo di incertezza e di sostegno ufficioso ai ribelli italiani, che avrebbe dovuto arrestare e consegnare, viene scoperto e per non essere catturato dai tedeschi fugge sui monti diventando un resistente.

La guerra gli fa guadagnare diverse onorificenze. Frattanto si laurea in giurisprudenza e successivamente in scienze politiche (con Moro) a Bari, dove comandava la locale tenenza, inoltre, per meriti di guerra transita in spe (servizio permanente effettivo) nei ruoli dell’Arma.

Al Sud

Proprio per la sua esperienza di guerriglia viene assegnato in Campania nel 47 e poi nel 49 in Sicilia con il grado di capitano. Partecipa con il colonnello Ugo Luca nel CFRB (Comando Forze Repressione Banditismo) concepito per combattere il bandito Salvatore Giuliano nominato colonnello dell’EVIS (esercito volontario per l’indipendenza della Sicilia) che puntava a separare la Sicilia dall’Italia. Anche in questo frangente il nostro sceglie l’Italia e pertanto combatte per la sua unità.

A Corleone riesce ad arrestare anche gli autori dell’omicidio di Placido Rizzotto, valoroso sindacalista ma, purtroppo, gli stessi saranno scarcerati per insufficienza di prove.

Dalla Chiesa viene poi comandato di servizio a Firenze, a Como a Roma e successivamente a Torino e Milano.Nel ’66 torna a Palermo in qualità di colonnello comandante della Legione e vi resta fino al ’73. Qui conduce una lotta spietata contro la mafia. Partecipa anche alle operazioni di soccorso delle popolazioni del Belice durante il terremoto del 68. Sotto la sua regia investigativa vengono arrestate decine di boss del calibro di Frank Coppola, Gerlando Alberti ed altri, ma i processi non avranno successo come sperava. Indaga anche sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro e poi anche sull’omicidio del procuratore Pietro Scaglione. 

Al Nord

Ancora una volta viene trasferito a Torino in qualità di generale comandante della brigata e qui dà vita al NSA (nucleo speciale antiterrorismo). Nel ’77 diviene coordinatore dei servizi di sicurezza carcerari e le evasioni si azzerano. Durante gli anni ’70 il fenomeno del terrorismo diviene devastante per l’opera delle brigate rosse. L’Italia è insanguinata dai continui attentati, personalità di spicco vengono colpite e pertanto viene nominato coordinatore delle forze di polizia antiterrorismo. Gli vengono conferiti pieni poteri per sconfiggere i terroristi e nonostante una campagna di stampa avversa, conduce una lotta senza quartiere assieme ai suoi fidatissimi collaboratori. Alla fine, riesce ad applicare la tecnica della controguerriglia urbana con mezzi moderni ottenendo l’annientamento dell’eversione rossa dopo l’assassinio del leader democristiano Aldo Moro. 

Nel ‘78 muore la sua amata sposa Dora stroncata da un infarto causato dal continuo stress del pericolo incombente su tutta la famiglia. Nel ‘79 il Generale è inviato a guidare la Divisione Pastrengo a Milano e dall’82 diviene vice comandante dell’Arma (massimo grado raggiungibile da un Ufficiale dei Carabinieri consentito dalle norme dell’epoca).Il 5 maggio dello stesso anno viene posto in congedo. Finalmente Carlo Alberto ha modo di occuparsi di sé. Si sposa in seconde nozze con la crocerossina Emanuela Setti Carraro.

La guerra di mafia

Frattanto a Palermo era scoppiata la guerra di mafia e il ministro degli Interni del tempo, dopo una serie di consultazioni politiche, nel marzo 1982 lo nomina prefetto e gli “promette” poteri straordinari (che non saranno mai concessi) per contrastare l’emergenza mafiosa. Il 30 Aprile viene ucciso Pio La Torre (uno dei suoi sostenitori alla nomina di prefetto).

Il Prefetto Dalla Chiesa, con gli alamari tatuati sulla pelle, ad agosto arriva a Palermo dove impera il sindaco Ciancimino. In quel periodo il potere era in mano ai democristiani, di Andreotti e degli “andreottiani di Sicilia” che a Palermo avevano la “sede sociale”. Il Generale giunge in veste anonima a bordo di un generico taxi. Come amava ripetere: “un ufficiale che va all’assalto non ha la scorta”. 

Giorgio Bocca lo intervista pochi giorni prima dell’attentato. Questi lo descrive: “singolare personaggio scaltro e ingenuo, maestro di diplomazia italiana ma con squarci di candori risorgimentali”. Nella stessa intervista si evince che Il Generale è circondato da infidi individui, che la mafia è straripata e che Lui ha bisogno dell’aiuto dello Stato e di non essere lasciato solo.

Intraprende la lotta mortale. Arresta decine di mafiosi. Fa controllare financo i registri dei battesimi e nozze per scoprire intrecci di malavitosi, fa esaminare dalla G. di F. i patrimoni di molte personalità, fa verificare la presenza di politici nei festini dei mafiosi ottenendo la riprovazione dei notabili del periodo. Parla agli studenti ed agli operai, partecipa a convegni antimafia affermando che non basta la repressione violenta del potenziale criminogeno ma che bisogna dare i diritti del lavoro e di assistenza a chi si rivolge alla mafia per farne alleati dello Stato. Dice la figlia Simona: “la guerra alla mafia, nella strategia di papà, prevedeva per la prima volta, una rivoluzione culturale che attraversasse le coscienze degli onesti”.

Cosa Nostra percepisce “il continentale” come un corpo estraneo, senza amici e senza difensori e a questo punto fa scattare “l’operazione Carlo Alberto”, cioè il piano di annientamento dello sbirro nemico venuto dal nord.

L’eccidio di via Carini

Il 3 settembre del 1982, dopo 100 giorni di battaglia a Palermo, arriva la fine del Prefetto. In via Carini alle ore 21,15, la mafia viola il rispetto dei parenti delle vittime designate e con un proditorio assalto di guerra viene scatenato un diluvio di pallottole con Kalashnikov AK 47, arma militare russa, contro gli inermi Carlo Alberto e sua moglie Emanuela a bordo di una utilitaria A112 e a seguire l’agente Domenico Russo con l’auto di scorta. Stavano pacificamente andando a cenare in una località vicina. Con un ultimo atto d’amore Il Generale tentò di proteggere la sua donna con il suo corpo.

Il 5 settembre viene comunicato anonimamente che l’operazione Carlo Alberto è conclusa. Dopo la sua morte inspiegabilmente la cassaforte dei suoi documenti (tra cui il dossier Moro) viene svuotata da mano ignota.  I funerali di stato del Prefetto Generale dei Carabinieri furono esequiati a Palermo nella chiesa di San Domenico dal cardinale Pappalardo alla presenza di migliaia di palermitani onesti, i politici intervenuti furono contestati. Nella celebre omelia il presule ebbe a dire: “Dum Romae consulitur Saguntum expugnatur….”. La corona d’alloro della Regione Siciliana fu fatta togliere dalla figlia Rita che nel contempo ha chiesto ad un ufficiale dell’Arma di deporre sul feretro il tricolore, la sciabola e il berretto della divisa e le insegne del Generale.

Successivamente i funerali in forma privata furono officiati a Milano, nella chiesa di S.M. delle Grazie dall’arc. Carlo Maria Martini. Le salme di Carlo Alberto ed Emanuela riposano il sonno di chi tutto ha dato senza chiedere nel piccolo cimitero di Villetta di Parma.Qualcuno in via Carini, sul luogo dell’olocausto aveva affisso la scritta: “Qui finisce la speranza dei palermitani onesti”.

Ma il sacrificio del Generale ha sortito la differenza. Da quel momento è iniziato il percorso di rinascita di Palermo. Sul luogo dell’attentato una lapide ricorda l’evento. Egli è esempio per tutti. Dedizione al popolo italiano, ai valori della giustizia, all’onestà, al rispetto delle istituzioni. Coraggio di arrivare fino in fondo nonostante tutto. Dopo, ancora molti Servitori dello Stato hanno sacrificato la loro vita: chi per lo Stato, chi per il dovere, chi per la Democrazia. Carlo Alberto Dalla Chiesa, generale dei Carabinieri, Prefetto, Italiano, ha donato consapevolmente la sua vita per la Patria Italia.

L’eredità storica

Il suo sacrificio ha contribuito anche a fare inserire nel Codice Penale l’art. 416 bis, associazione mafiosa (Legge Rognoni-La Torre). Allo stato attuale sono in corso diverse ipotesi sul venefico intreccio tra i poteri forti massonici politici mafiosi che hanno dato vita alla tragedia. Lo Stato Italiano Gli ha concesso le massime onorificenze e riconoscenze. Molti comuni Gli hanno intestato vie, piazze, monumenti e scuole. L’Arma Gli ha intitolato diverse caserme.

I figlioli Nando, Rita e Simona testimoniano la vita dell’illustre padre, unitamente a tanti altri autori, con libri e trasmissioni televisive. Giuseppe Ferrara nel 1984 ha realizzato il film Cento giorni a Palermo. Giorgio Capitani nel 2007 intitola la sua opera cinematografica “Il Generale dalla Chiesa”. Diversi sceneggiati televisivi raccontano della sua opera. Vale la pena ricordare che in una intervista fattagli da Enzo Biagi egli abbia detto che da giovane avrebbe voluto fare altro nella vita ma che successivamente chiamato dalla Patria in pericolo ha iniziato a fare la guerra ai nemici esterni ed interni allo Stato, senza riguardi per nessuno.

Dallas, “Il piemontese di ferro”, UFO (ufficiale fuori ordinanza), nomignoli affettuosi con cui era definito in servizio, in privato era un normalissimo uomo, approfondiva letture, collezionava francobolli e coltivava la terra. Era cattolico e praticante quando poteva. Da grande avrebbe voluto raccontare le favole ai bambini mentre ai suoi carabinieri avrebbe raccontato la sua storia. L’intera Nazione Italiana grida grazie. Gli Italiani dabbene ricorderanno in eterno l’esempio del Carabiniere Dalla Chiesa: “Nei secoli fedele!”.  

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Paolo Francesco Lo Dico

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