Cultura (di P. Isotta). La grandezza di Raffaello rifulge nel culto di Roma

La mostra dedicata al grandissimo artista dalle Scuderie del Quirinale nel 500esimo anniversario dalla morte è l'evento culturale dell'anno

La mostra su Raffaello alle Scuderie del Quirinale

Credo che la morte precoce di Raffaello sia stata una delle massime tragedie della storia dell’arte. Non riesco a pensare a un pittore che lo eguagli. Chi possiede la grazia e nello stesso tempo la grandiosità date a lui? Quando si confrontano le Madonne e L’incendio di Borgo si resta senza fiato. Ne La Renaissance di Arthur de Gobineau uno dei passi più commoventi è il pianto di Michelangelo alla sua morte: lo riteneva superiore a lui.

La mostra dedicata a Raffaello alle Scuderie del Quirinale, nel cinquecentesimo anniversario della prematura morte, è stata l’avvenimento culturale più importante dell’anno. L’ha organizzata la Ales, di proprietà del Ministero per i Beni e le attività culturali, presieduta da Mario De Simoni. Altrettanto importante è il volume al Sommo dedicato dalla stessa mostra (edizioni Skira), a cura di Marzia Faietti e Matteo Lafranconi.

Il volume contiene la riproduzione a colori degli opera omnia dell’Urbinate e una serie di saggi critici di notevole livello. A sfogliarlo, si resta stupiti per la mole di lavoro affrontata da Raffaello in soli trentasette anni di vita; la mia attenzione si volge  poi soprattutto sulla quantità dei disegni e dei cartoni: sono capolavori in se stessi, e basterebbero a palesare la primazia al loro Autore attribuita dal concorde mondo dell’arte. Lo si definì il Virgilio della pittura, ed è così: l’Urbinate accosta ai toni intimi e preziosi delle Madonne una grandiosità classica: La scuola di Atene, L’incendio di Borgo, La cacciata di Eliodoro dal tempio. Sono tre affreschi delle Stanze vaticane. Onde non mi sembra di accettare il consueto binomio Raffaello-Mozart; piuttosto l’Urbinate va accostato a Beethoven.

I disegni, i dipinti e gli affreschi palesano il legame intimo, e che spezzare sarebbe impossibile, di Raffaello con il mondo classico e con la città di Roma. L’incendio di Borgo, un miracolo cristiano dell’anno 847 e celebrato da Leone IV, diventa per lui un pretesto per una rievocazione dell’Eneide, con Enea, in primo piano a sinistra, trasportante sulle spalle il padre Anchise. Invero, ciò testimonia anche sulla profondità di cultura e libertà di pensiero del Pontefice committente. Leone X, secondogenito di Lorenzo il Magnifico, aveva studiato tre anni con Angelo Poliziano; da lui e dal suo ambiente aveva ereditato un culto dei classici, la conoscenza del greco e del latino. Proveniva da un ambiente ricco e festevole; intuì subito il genio di Raffaello, lo antepose a ogni altro artista, Michelangelo compreso, si fece indimenticabilmente ritrarre. Sopravvisse all’Urbinate poco più di un anno ma guidò il cordoglio per la sua scomparsa, che coinvolse tutta Roma.

Il Papa, che aveva nominato Raffaello prefetto di tutte le pietre e tutti i marmi dell’Urbe e responsabile della Fabbrica di San Pietro, gli commissionò anche una pianta della città antica. Il lavoro intrapreso e lasciato cadere per la morte è perduto; ma ci resta un’epistola esortativa al Papa, chiamata Il pianto di Roma, stesa in italiano da Baldassar Castiglione su invito e con argomenti dell’Urbinate. Anche archeologo, s’era fatto; il genio non conosce confini. Si vuole ch’egli fosse personalmente incolto: forse non sapeva scrivere bene in italiano e latino: ma non potrò mai credere alla sua incultura, troppo depone all’idea contraria. Non si può essere incolti e avere il culto di Roma antica, e divisare di farne la pianta. Chi altri ha avuto una simile idea?

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*Da Libero Quotidiano del 7.7.2020

 

Paolo Isotta*

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