Antonio Guidi e il racconto “Con gli occhi di un burattino di legno”

Un'autobiografia, oltre i pregiudizi, verso la vita. Tra Jimi Hendrix, Basaglia, Berlusconi e nuove battaglie

Antonio Guidi

L’apparato dei diritti spesso non è libero da una narrazione umana che li sgancia momentaneamente dal tecnicismo giuridico che lo riguarda. Anche le storie di vita, però, svolgono una funzione essenziale per offrire testimonianze su temi delicati perché scomodi. Ne sa qualcosa Antonio Guidi che con il libro Con gli occhi di un burattino di legno (Rubbettino, 2013) offre uno sguardo sulla disabilità, offrendo al pubblico la narrazione della propria esperienza di vita, tirando le somme attorno ad un fenomeno di per sé sfaccettato su cui vertono tutt’ora una serie di pesi, quali i pregiudizi e, in parallelo, politiche troppo spesso in concreto inadeguate. Realizzato con il contributo di Maria Giovanna Alati e Silvia Galieti, è un romanzo che non fa sconti a nulla, nemmeno all’autocritica. L’impasto retorico che ha spesso avvolto la narrazione della disabilità qui viene scardinato. Il cono utilizzato per narrare la vicenda è quello della fragilità che ogni storia di vita potenzialmente offre.l’autobiografia di Antonio Guidi, oltre i pregiudizi, verso la vita

Una narrazione all’apparenza cinematografica da cui trapela l’entusiasmo per le battaglie vinte, senza dimenticarsi una descrizione della disabilità privata dell’impianto supereroistico utilizzato superficialmente dai mass media per inserirla in un quadro dove ha la dimensione di attributo individuale. Esordisce infatti con una definizione della stessa in chiave proattiva: << La disabilità si può indossare. Se paragonata a un vestito, a volte può soffocare, altre invece sembra cucita addosso da calzare perfettamente. (…) Non è difficile convivere con essa, se non ti lasci impaurire (…)>>. Racconta di sé, della propria disabilità, dell’inclusione scolastica, delle scoperte esistenziali a San Benedetto del Tronto, della lotta contro il sistema manicomiale. Guidi snocciola la sua esperienza di vita senza sconto alcuno, libera da sovrastrutture e mai doma, proiettata sempre oltre le barriere, soprattutto culturali. Una vita narrata in sequenza per episodi da cui emerge, sempre, dinamismo. Emerge con evidenza la dimensione della vita privata, cartina di tornasole a propria volta del contesto sociale, vista come una lunga serie di conquiste, di ostacoli, di volta in volta superati, l’incontro con la dimensione della liberazione, di una nuova modalità di intendere la disabilità, all’interno delle varie istituzioni in cui le persone con disabilità sono state discriminate e hanno visto un concreto limite dei diritti sociali e civili, in coppia. Il Sessantotto sfiorato e vissuto di sbieco, prima da studente, poi, più attivamente, come medico che svolge la propria missione e lotta per i diritti dei più deboli, conducendoli verso la più autentica soggettività, ai tempi stella polare difficilmente raggiungibile, dando inizio alle lotte, sulla scia di Franco Basaglia, contro la reclusione delle persone con disabilità negli istituti ospedalieri, considerati alla stregua di numeri. La politica dei diritti, del superamento del pregiudizio. Le apparizioni televisive nel salotto di Funari, viste dai radical chic come provocazioni, in realtà parte integrante della stessa battaglia, svolta con le armi della comunicazione. Poi il passaggio agli incarichi ministeriali (rispettivamente alla Famiglia nel primo governo Berlusconi e come sottosegretario alla Salute durante il secondo) dimostrando ancora una volta come la politica sia concretezza (<<sangue e merda>>, come ricordava Rino Formica) e servono anche le così dette buone pratiche per superare i pregiudizi.

Un libro che può fare da manuale per indagare su sé stessi. Un mosaico di storia di vita, di storia politica e sociale, che ripercorre tappe importanti dell’evoluzione personale e antropologica.

Stefano Sacchetti

Stefano Sacchetti su Barbadillo.it

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