Un mondo fragile
Alessandro Campi ci guida dentro un percorso che, per forza di cose, deve tenere in considerazione la storia di questi ultimi mesi, per consegnarla a chi dovrà mettere mano alle troppe criticità di sistema emerse con l’attacco che la Covid ha sferrato al mondo globalizzato. «Questa crisi – scrive – è stata rivelatrice, non solo di molte nostre fragilità, ma anche di certe ipocrisie collettive: parliamo di società da un lato sempre meno abituate (per fortuna, va da sé) alle privazioni e alle sofferenze, se non quelle altrui viste o raccontate sullo schermo televisivo all’ora di cena; e dall’altro portate a nascondere o isolare socialmente ciò che fuoriesce dagli schemi di una cultura di massa tutta improntata all’attivismo, alla competizione e al vitalismo (potremo più accettare la favola edificante secondo la quale gli anziani espulsi dalle famiglie e raccolti nelle residenze-ghetto dove sono morti a centinaia siano ai nostri occhi i depositari-testimoni d’un sapere e d’una saggezza senza le quali le comunità non possono progredire?)».
Il ritorno di nazioni, stati e confini
In attesa di una metanoia generale, c’è da fare i conti con delle riscoperte eccellenti (per alcuni), ingombranti (per altri) o strettamente necessarie (per la quasi totalità della popolazione mondiale). Scrive Alessandro Campi: «S’è poi assistito al ritorno sulla scena di realtà che sino all’altro ieri ritenevamo appartenenti ad un passato superato e forse persino da dimenticare: la nazione come formula politica d’appartenenza collettiva ancora oggi la più vincolante e sentita; lo Stato come attore primario della politica economica (e di quelle sociali); i confini come strumento (legale e simbolico) di protezione dello spazio in cui si vive. Tutto il contrario, sembrerebbe, del mondo unificato/integrato – non solo sul piano della produzione e degli scambi commerciali – che la globalizzazione avrebbe dovuto far nascere; tanto che si è inventato rapidamente un nuovo termine per indicare il futuro, largamente reattivo rispetto al recente passato, che si profila: de- globalizzazione, cioè un ritorno (c’è da capire se temporaneo o strutturale) ai particolarismi politico-territoriali, all’autarchia socio-culturale e al protezionismo economico».
Mondi a confronto
Nel medio-periodo, l’analisi di Campi corre verso una direzione (tutt’altro che dogmatica o definitiva) utile a non rimanere schiacciati dalle rispettive prospettive individuali: «Il rischio che il “mondo nuovo” prenda il peggio del “mondo vecchio”, o semplicemente lo prosegua, accentuandone difetti e contraddizioni, va tenuto presente a prescindere dal proprio pessimismo esistenziale».
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