“Dopo” (la raccolta curata da Campi) e il mondo che cambia post Covid

"La pandemia rappresenta una accelerazione della storia"

«La pandemia rappresenta una accelerazione della storia destinata, come tutte le crisi storiche del passato, a produrre cambiamenti che, in molti casi, saranno da considerare il punto d’arrivo di tendenze e processi che erano già in atto». Insomma, c’è un prima e c’è un dopo. Quest’ultimo denso di interrogativi, soprattutto per la tenuta sociale dei tessuti democratici più fortemente colpiti dalla Covid. Ventidue studiosi capitanati da Alessandro Campi (docente di Scienza Politica a Perugia, direttore della Rivista di Politica ed editorialista del Messaggero) provano a costruire un ponte tra le epoche. Tra loro anche Salvatore Santangelo, Chiara Moroni e Paolo Quercia. “Dopo. Come la pandemia può cambiare la politica, l’economia, la comunicazione e le relazioni internazionali” , ebook prodotto da Rubbettino e scaricabile gratuitamente, è il tentativo  – senza sprofondare nella futurologia –  di guardare con approccio laico dentro la sfera di cristallo. Magari per scoprire che il mantra del “saremo tutti migliori” è soltanto una boutade, utile a superare la nottata, ma non ad attraversare senza ammaccature questa fase ad alta intensità. 

Un mondo fragile

Alessandro Campi ci guida dentro un percorso che, per forza di cose, deve tenere in considerazione la storia di questi ultimi mesi, per consegnarla a chi dovrà mettere mano alle troppe criticità di sistema emerse con l’attacco che la Covid ha sferrato al mondo globalizzato. «Questa crisi – scrive – è stata rivelatrice, non solo di molte nostre fragilità, ma anche di certe ipocrisie collettive: parliamo di società da un lato sempre meno abituate (per fortuna, va da sé) alle privazioni e alle sofferenze, se non quelle altrui viste o raccontate sullo schermo televisivo all’ora di cena; e dall’altro portate a nascondere o isolare socialmente ciò che fuoriesce dagli schemi di una cultura di massa tutta improntata all’attivismo, alla competizione e al vitalismo (potremo più accettare la favola edificante secondo la quale gli anziani espulsi dalle famiglie e raccolti nelle residenze-ghetto dove sono morti a centinaia siano ai nostri occhi i depositari-testimoni d’un sapere e d’una saggezza senza le quali le comunità non possono progredire?)». 

Il ritorno di nazioni, stati e confini

In attesa di una metanoia generale, c’è da fare i conti con delle riscoperte eccellenti (per alcuni), ingombranti (per altri) o strettamente necessarie (per la quasi totalità della popolazione mondiale). Scrive Alessandro Campi: «S’è poi assistito al ritorno sulla scena di realtà che sino all’altro ieri ritenevamo appartenenti ad un passato superato e forse persino da dimenticare: la nazione come formula politica d’appartenenza collettiva ancora oggi la più vincolante e sentita; lo Stato come attore primario della politica economica (e di quelle sociali); i confini come strumento (legale e simbolico) di protezione dello spazio in cui si vive. Tutto il contrario, sembrerebbe, del mondo unificato/integrato – non solo sul piano della produzione e degli scambi commerciali – che la globalizzazione avrebbe dovuto far nascere; tanto che si è inventato rapidamente un nuovo termine per indicare il futuro, largamente reattivo rispetto al recente passato, che si profila: de- globalizzazione, cioè un ritorno (c’è da capire se temporaneo o strutturale) ai particolarismi politico-territoriali, all’autarchia socio-culturale e al protezionismo economico».

Mondi a confronto

Nel medio-periodo, l’analisi di Campi corre verso una direzione (tutt’altro che dogmatica o definitiva) utile a non rimanere schiacciati dalle rispettive prospettive individuali: «Il rischio che il “mondo nuovo” prenda il peggio del “mondo vecchio”, o semplicemente lo prosegua, accentuandone difetti e contraddizioni, va tenuto presente a prescindere dal proprio pessimismo esistenziale». 

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Fernando M. Adonia

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