Musica (di P. Isotta). Scarpia o Scampia? Così la phtonos ha colpito la superbia…

Stamane mi telefona un celebre e caro giornalista italiano, la voce vibrante di irascibilità. “Hai letto il mio whatsapp?” “Lo guardo e ti richiamo subito”.  La notizia concerneva la scomparsa del baritono Silvano Carroli, a Verona particolarmente stimato: capace solo di un fortaccio da quattro soldi, di reboantismo, d’intonazione incerta. Chiamo l’amico e gli dico: tolta la retorica d’uso, che cosa non va? “Ma come, non ti sei accorto che essendo uno dei suoi cavalli di battaglia lo Scarpia della Tosca, il coglione del titolista gli ha tolto l’accento? Scarpìa, come Scampìa, sior mi benedeto!” Sono restato vile. Gli ho risposto solo “Vedi in che tempi ci tocca viver…!”.

Ma esiste la phtonos, la vendetta degli dei.  Di rado opera di giustizia, più di rado di crudele ironia, di che leggiamo nella storia di Gige in Erodoto. Il quotidiano l’”Arena” di Verona stabilisce che si debbono mettere le cose a posto: sia fatta la volontà di Dio! E appone alla triste novella il titolo “…piange Silvano Carroli, grande Scampia” Diciamo la verità: non mette l’accento sulla “i” , ma il senso è chiarissimo. Una lotta di cretini (il mio amico lo è stato solo questa volta!) produce il risultato di O a O.

Quei coglioni dei veronesi continuano a sentirsi i mammasantissima all’Arena per l’arte lirica. Il melodramma è la forma di eccellenza della natura e cultura italiani. Temo non lontano il momento nel quale dovranno andare in Corea a imparare il solfeggio.

*Da Il Fatto Quotidiano del 8.4.2020

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Paolo Isotta

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