Memoria. Campo Hobbit 1. Croppi: “Non solo croci celtiche, ma anche rinnovamento a destra”

Due giovanissimi Riccardo Andriani e Maurizio Gasparri

Montesarchio (BN), 11 giugno 1977. Il ventunenne Maurizio Gasparri presenzia al primo Campo Hobbit organizzato dal Fronte della Gioventù. Caratterizzati da concerti all’aperto, dibattiti e iniziative culturali, i campeggi/raduni dei Campi Hobbit nascono come momenti di aggregazione per rispondere alle nuove esigenze generazionali in seno alla destra giovanile.

Nel 1980, nel corso di una video-inchiesta televisiva negli ambienti italiani neofascisti e di destra, per la trasmissione «Primo piano», Giampiero Mughini intervista il giovane Umberto Croppi, uno dei principali ispiratori di questa realtà. Alla definizione «Parco Lambro di destra» suggerita dal giornalista, Croppi risponde:

«C’è una differenza sostanziale tra il Parco Lambro, che in effetti rappresenta la fine di un ciclo, l’inizio del fallimento dell’estrema sinistra, e il nostro Campo Hobbit che invece segna una nuova fase per la destra italiana. Tant’è vero che è un’esperienza che va in crescendo, infatti gli esiti migliori li abbiamo raccolti proprio nell’ultima edizione, quella di quest’anno».

— Quanti eravate quest’anno al Campo Hobbit?

«Eravamo più di duemila persone».

— E che cos’erano in concreto queste giornate al Campo Hobbit?

«Campo Hobbit è stato essenzialmente una festa. Questo era il suo aspetto principale sottolineato poi dal titolo del manifesto: una festa a lunga attesa. Una festa che serviva un po’ a ricondurre all’essenzialità, all’umanità un mondo frastornato fra campagne di stampa e situazioni che lo vedevano da tempo martellato. Una situazione di chiusura, quasi di paura. Noi abbiamo voluto sottolineare invece la nostra gioiosità, la nostra voglia di vivere. Poi Campo Hobbit è un incontro tra varie esperienze, è la possibilità di confrontare tutti quei nuovi strumenti di confronto con la società che noi abbiamo messo insieme in questi anni: le radio libere, i gruppi musicali, i gruppi teatrali, di poesia…»

— Cos’erano al Campo Hobbit tutte quelle croci celtiche?

«Mah, questa è un’annotazione che non ritengo vera perché nella simbologia ufficiale del campo la croce celtica non appariva affatto. Erano, sì, al collo di molti partecipanti, nei ninnoli di molti stand al campo vi erano alcune croci celtiche. È un simbolo molto diffuso a destra, non credo ci si possa scandalizzare anche se negli ultimi tempi c’è stato un tentativo di criminalizzazione. Noi non siamo legati a una simbologia specifica, non siamo legati a nessuna forma di ritualismo. Stiamo cercando proprio di rinnovare tutto il nostro modo di presentarci per renderci più comprensibili…»

— Cioè sempre più rock e sempre meno croci celtiche?

«Mah, non penso che si possa sintetizzare in questo modo la nostra posizione. Però direi sempre più possibilità di aprirci al dialogo con la società, con il mondo che ci circonda, attraverso le forme che sono proprie di questo mondo. Il rock è una delle sue componenti ma non è l’unica. Sono molte altre le forme d’espressione, attraverso le nostre numerose riviste, attraverso la possibilità di interpretare tutti i canali dell’informazione e della cultura nel nostro mondo». (da Spazio70 gruppo social)

@barbadilloit

Spazio70

Spazio70 su Barbadillo.it

Exit mobile version