L’idea di un Papa double face, buono a destra quanto afferma i valori della Tradizione contro il relativismo etico e a sinistra quando abbraccia gli immigrati, è semplicemente aberrante.
La dottrina del “sì sì no no”, a cui Papa Bergoglio, spesso si richiama, non permette facili scappatoie, imponendo piuttosto adeguati sforzi interpretativi piuttosto che strumentalizzazioni, buone per avere qualche spazio televisivo, rinfocolando le polemiche tra chi coniuga immigrazione con accesso senza regole e chi invece, in cuor suo, vorrebbe mandare le cannoniere contro i barconi.
Il problema è oggettivamente più complicato. Esso tocca le ragioni stesse del nostro esistere. Fa emergere i limiti oggettivi di una globalizzazione che ha alimentato paure ed incertezze, portando gli uomini a rinchiudersi in se stessi, “dentro quelle bolle di sapone” evocate dal Papa. Rende palesi le debolezze strutturali di chi ha rinserrato l’identità ed i destini dei popoli sotto la cappa del benessere materiale, “rendendoli insensibili alle grida degli altri”. E dunque, nel contempo, pone al centro della riflessione i grandi temi dell’identità e dell’integrazione, delle appartenenze religiose, della povertà (delle sue ragioni e delle responsabilità per chi le ha provocate), del rapporto tra diversi, del pluralismo culturale.
E’ scontato che il Papa “risolva” questo coacervo di problemi nel Suo abbraccio pastorale e nell’esortazione all’accoglienza. Fa – passateci il termine – il Suo “mestiere”. Nessuno può rubarglielo o – ancor peggio – strumentalizzarlo, scivolando nel moralismo più ridicolo. Quanto il Papa fa, va però ben compreso e “metabolizzato”, evitando di cadere nelle facili semplificazioni di parte, in cui certa sinistra è storicamente molto abile a muoversi e certa destra è subito pronta a farsi invischiare, restandone vittima.