Il post. Il seppuku di Mishima: il suicidio nicciano di chi sfiorò la perfezione

Yukio Mishima
Yukio Mishima

25 Novembre 1970.

C’è un errore di fondo che il mio ambiente ha sempre fatto nel ricordare questa data. Quello di considerare Mishima come una sorta di martire della tradizione. È un errore grave che non ha mai fatto realmente comprendere al mondo la portata del suo gesto.

Pubblico questa foto non eroica nè monumentale ma piuttosto normale e borghese appositamente. E butto giù queste due righe da accanito lettore ed eterno nascosto romanziere (si anche io ho le mie 50 cartelle che forse un giorno diventeranno 150).

Ecco, Yukio Mishima si tolse la vita in quel modo non da intellettuale d’area nè da capo politico di una fazione grandemente minoritaria. Quel che si è drammaticamente dimenticato è che lo fece al culmine della sua fama, uno degli scrittori viventi più apprezzati del novecento, che non vinse il Nobel per un mero calcolo geopolitico ma che fu decretato da tutti gli intellettuali mondiali come una delle penne più raffinate e profonde che abbiano mai regalato alla letteratura, il proprio talento.

Egli aveva vinto tutto: stile, sessualità, arte, filosofia ed estetica, Yukio Mishima era una star clamorosamente famosa in patria come all’estero.

Riguardatevi la sua ultima intervista rilasciata ad un giornalista americano facilmente scovabile su youtube: sigaretta in bocca, il polso piegato, il modo di fare femmineo. Parla con lucidità di nazionalismo e potenza. E se lo può permettere perché pochi esseri umani nella storia ebbero la capacità di conciliare nella scrittura immagini e senso come la ebbe Mishima nell’arco della sua intera produzione.

Ecco perché il 25 novembre si dovrebbe celebrare un essere umano straordinario: ultimo esempio di totale ed ineguagliabile volontà di perfezione. Non un martire ma un clamoroso vincente.

Giacomo Petrella

Giacomo Petrella su Barbadillo.it

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