Il corsivo (di P.Buttafuoco). Cronaca di un’orgia annunciata

Ninfe dormienti spiate dal satiro di Jan Brueghel il Giovane e Jan Van Boeckhorst,

Un passante in cerca di frescura, nella notte d’afa di giovedì scorso – 4 luglio 2019 – è stato trascinato in un’orgia panica. È successo a Leonforte, sul limitare della valle di Kore, nel cosiddetto Giardino delle Ninfe.
L’uomo, D.R, di anni 36, ancora oggi ricoverato in una struttura sanitaria di prim’ordine, è attualmente preda di uno stato allucinatorio.
Sottoposto alle terapie, il paziente ridonda nel fuori di sé e chiede di potere uscire quanto prima dall’ospedale per estirpare – così asserisce – la fitta gramigna della realtà che funesta, oltre il limitare dello stesso cielo, la pianura immensa dell’infinito nella verità ultima delle cose.
Di quel che gli è accaduto, D.R., ricorda distintamente di essere stato chiamato all’agone carnale proprio da naiadi. Alle prime e superficiali indagini, e dalle dichiarazioni dei testimoni, si evince che queste possano essere in qualche modo collegate alla vicina Gran Fonte dai ventiquattro cannoli, e dunque è facile immaginare siano vere e proprie Pegee immortali generate dalle sorgenti, irresistibili e prodighe di baci stordenti – come lo stesso D.R riferisce – svaporate all’apice della loro epifania, all’apparire del Satiro, padrone di quel vortice e niente affatto contento di farsi allungare le corna da un passante qualunque, in fuga dal caldo. Non c’è persona che non sia ebbra e D.R., sebbene abbia riportato escoriazioni – e gravi ferite perfettamente coerenti con i ripetuti colpi inferti dal suddetto Sileno col suo piede caprino – trasfigura nell’entusiasmo l’orribile e assurdo contatto avuto nella notte di giovedì reclamando dopo secoli d’oblio, il noûs, ovvero lo spirito della compiuta comprensione dell’esistenza.
Inutile dire che i medici, pur ferrati ciascuno nelle rispettive specializzazioni – essi sono neurologi, psichiatri e ortopedici – si siano immediatamente avvalsi della consulenza del dipartimento di filosofia teoretica presso la vicina Università di Catania.
Gli Dei tornano, i ricoverati restano. Questa, la decisione del primario.
Una misura necessaria, questa, perché il misero ferito che l’autolettiga consegna loro all’alba di venerdì già nel momento del ricovero si svela come la parte buia della luna – The Dark Side of the Moon – dunque un qualcosa che c’è ma non si mostra.
Pochi fissati se ne occupano scientificamente di questa luna che non c’è – i cinesi sono riusciti ad allunarvi, seminandovi delle zucchine – ma “nessuno comunque la vede, è nascosta; così è per l’altra faccia della medaglia chiamata esistenza”. Ed è questo che si legge nel referto medico controfirmato dall’autorità di pubblica sicurezza.
Una vicenda tutta di noûs che non è – si badi bene – l’interiorità. Neppure è il fuoco sacro del daimon di ciascuno, bensì il punto di mediazione tra la dismisura della bellezza e lo strazio del reale e quindi la prossimità del sentimento tragico. Quella delle versioni in greco da tradurre dove c’è il Sileno – sempre lui – che, insistentemente interrogato dal tracotante Re sul senso della vita, così risponde: “Meglio sarebbe non essere nati ma, venuti comunque al mondo, morire subito”.
Una vicenda tutta di noûs, in ogni modo, alla quale restituirsi subito come un’astuta serpe torna al proprio nido. È quel gorgo senza fondo che non conosce necessità nell’armonia, ma abbandono – amor fati – ed è perciò come bocca baciata che non conosce ventura. Fonte alla quale bere nell’infinito smisurarsi del vero. (Da Il Fatto Quotidiano dell’8 luglio 2019)

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