Cultura/Fumetti. Mister No riparte delle avventure in Amazzonia

Mister No, tra i suoi disegnatori il patriota Roberto Diso
Mister No, tra i suoi disegnatori il patriota Roberto Diso

Dopo tredici anni di assenza dalle edicole, nei giorni scorsi è uscita la nuova serie di Mister No, il fumetto di Bonelli che per oltre trent’anni ( 1975-2006) è stato la lettura preferita di centinaia di migliaia di ragazzi della mia generazione.

Nell’attesa che uscisse pensavo che se il nuovo Mister No avesse suscitato almeno un quarto delle emozioni che mi provocava quando ero ragazzino, sarei già stato felice. E in effetti non sono rimasto deluso, anche se gli anni passano per tutti: per Mister No, come personaggio, e soprattutto per noi, come lettori. Ed è ovvio che non ci si può accostare allo stesso modo a un personaggio di carta quando hai quindici anni e quando ne hai più di cinquanta.

Gli autori di questa nuova serie (tra i quali c’è sempre l’immenso Roberto Diso, cioè uno dei primi disegnatori) hanno scelto di andare sul sicuro. Cioè non hanno ripreso la serie laddove si era interrotta (agli albori degli anni Settanta, quando il “nostro” con Esse Esse lascia Manaus e si trasferisce in un villaggio della selva boliviana), ma hanno deciso di creare nuove storie parallele alle prime, quindi sempre in Amazzonia e sempre negli anni Cinquanta. Anche il tema del primo albo va sul classico, per non dire sul déja vu: Mister No partecipa a una spedizione scientifica nell’interno della selva amazzonica per cercare una tribù di indios in pericolo. Ma ovviamente c’è il sospetto che gli organizzatori della spedizione non siano poi così interessati alla sorte degli indios ma a qualcos’altro. E come sempre c’è una scienziata affascinante che viene sedotta (o è lei che seduce?) dal nostro eroe.

Vedremo il prossimo mese se le buone premesse verranno confermate. Per ora mi accontento degli ottimi disegni di Diso, Cipriani e Fabio Valdambrini e della solida sceneggiatura di Michele Masiero, che ha il pregio di consegnarci un Mister No perfettamente in linea con quello “originale” creato da Guido Nolitta (cioè Sergio Bonelli), non deformato sugli stucchevoli modelli contemporanei che ossequiano il politically correct: il “nostro” infatti continua a fumare, a bere (tanto), a fare a cazzotti per un nonnulla, a correre dietro qualsiasi gonnella gli si pari davanti, a imbarcarsi in qualsiasi impresa gli sembri valga la pena senza fare troppi calcoli.

E poi c’è lei, l’Amazzonia. La natura prorompente e i grandi spazi che quarant’anni fa apparvero come uno scenario davvero inedito nel mondo del fumetto italiano. E l’avventura, che come già aveva insegnato Hugo Pratt, dev’esser libera da costrizioni ideologiche e sociali. La pagina che vedete, una delle più belle dell’albo a mio parere, è un esempio della forza che ancora anima il fumetto italiano (io continuo a chiamarlo così, graphic novel usatelo voi se vi pare).

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Giorgio Ballario

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