Cultura. “L’Universale”: il fascismo di Berto Ricci come sfida al conformismo

Ogni tanto è utile un tuffo nella sorgente alla quale ci si è abbeverati in giovinezza e per tanti anni ricordata (accezione originale: ricordare=portare nel cuore). Accade per certi canti, per certi quadri, per certi film, momenti o suggestioni. Ci accompagnano sempre, anche se dimentichiamo alcuni passi, alcuni rimandi. Accade anche per i libri. A esempio, un eccezionale volume assente da cinquant’anni dal circuito editoriale è di nuovo in libreria (L’Universale. Contributi per un’atmosfera. Oaks ed., pagg. 212, euro 18,00; a cura di Michele De Feudis; ordini: www.oakseditrice.it). Berto Ricci, anarchico passato al fascismo, intellettuale partito volontario in guerra e  ucciso in Libia da una scarica di mitraglia sparata da un aereo da caccia inglese, era rappresentante dell’ala più antiborghese. Fondò una rivista speciale, L’Universale, che diresse dal gennaio del 1931 all’ottobre del 1935. Il clima, le insofferenze, la fronda che emergevano dagli “avvisi” di Ricci e dagli articoli del gruppo rappresentava la coscienza critica del fascismo. Un gruppo valoroso: Roberto Pavese, Camillo Pellizzi, Diano Brocchi (che nel 1969 curò per le edizioni del Borghese l’antologia della rivista ora ripubblicata), Romano Bilenchi, Indro Montanelli, Emilio Settimelli, Paolo Cesarini, Gherardo Casini, Adriano Ghiron e Ottone Rosai. Firme di qualità, in seguito ai vertici del giornalismo, dell’editoria, della letteratura e dell’arte. Alla base una forte sensibilità antiborghese che superava il concetto di classe, rifiutava quindi l’effimero e affermava una visione sobria e monacale della vita. Tutto nel nome di una volontà rivoluzionaria radicalmente fascista ma diversa dal fascista medio, dal fascista-tipo. Era la ricerca dell’uomo nuovo. Ecco perché erano tutti lontani dagli apparati, dalla retorica, dalle parole d’ordine di moda, dagli incarichi, per riaffermare un’italianità notevole, in primo piano, rinnovata nel nome della Roma eterna. 

L’Universale di Berto Ricci

Il curatore di questa edizione, il giornalista Michele De Feudis, nella prefazione (“Berto Ricci spiegato ai millenial”) intelligentemente attualizza l’insegnamento di Ricci, anzi ne attualizza lo stile. De Feudis gioca abilmente sui contrasti netti per spiegare cosa di Ricci è ancora valido. Da una parte una generazione lanciata nel fragore di una guerra, fra impeto e lotta, dall’altra una generazione anestetizzata dal cellulare e dai computer. Per De Feudis è l’inattualità del personaggio che può esprimere istintivamente una “forza irrazionale”, capace di parlare al cuore e di emozionare, più comprensibile ai giovani d’oggi, offrendo – in sovrappiù – un’estetica rivoluzionaria e anche una cultura dell’esempio con la quale confrontarsi. (da Il Candido di Maggio 2019)

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Manlio Triggiani

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