L’intervista (di A. Di Mauro). Goglio: “Ferrogallico, il fumetto e la sfida di essere nel pop”

Aprile. Profumo di fiori e di primavera. Un mese magico che rinnova ogni anno dentro di noi la freschezza dei vent’anni e del vento tra i capelli. Magari lunghi, proprio come quelli di Sergio. Lui, Sergio Ramelli – giovanissimo militante del Fronte della Gioventù di Milano – la primavera dei suoi vent’anni l’aveva potuta soltanto accarezza quando 44 anni fa di questi tempi fu colpito vigliaccamente sotto casa da un commando di Avanguardia Operaia a colpi di chiave inglese per la sola colpa di aver condannato le Brigate Rosse in un tema scolastico.

Una storia orribile figlia di un odio politico sulla quale fino a qualche anno fa aleggiava una coltre odiosa di oblio. Oggi, malgrado la persistenza in certi ambienti della sinistra di una vergognosa reticenza, qualcosa è cambiato. Sia sul terreno politico-istituzionale, con diverse amministrazioni comunali che hanno voluto onorare la memoria di Sergio con intitolazioni di strade e luoghi pubblici, sia, soprattutto, sul piano dell’immaginario. Se per tanti, troppi, anni era considerato impensabile trovare spazio nel territorio della cultura pop per la vicenda di Sergio e per tante altre tragedie italiane colpite dalla damnatio memoriae dell’antifascismo militante, ora possiamo finalmente contare su film e fumetti capaci, per diffusione e qualità dei contenuti, di travalicare il confine asfittico della pubblicistica militante. A dare una forte spinta in questo senso ci ha pensato la casa editrice Ferrogallico, grazie alla quale vicende dimenticate dalla cultura ufficiale ideologicizzata – come il rogo di Primavalle, dove persero la vita i fratelli Mattei, la tragedia delle Foibe, il sacrificio di Norma Cossetto, così come quello dello studente ceco Jan Palach e, appunto di Sergio Ramelli – sono diventate graphic novel presentate nelle scuole e accolte con favore da tantissimi lettori. Ne parliamo con Federico Goglio, direttore editoriale della giovane casa editrice milanese.

 

Allora, Federico. Finalmente c’è la possibilità di incidere sulla cultura pop che ha un ruolo fondamentale nella formazione dell’immaginario collettivo. C’è la speranza che certe vicende diventino prima o poi patrimonio condiviso da tutti gli italiani?

Una storia, per diventare patrimonio di un’intera comunità nazionale, deve passare attraverso dinamiche molto complesse. Detto questo, la speranza di riuscire quantomeno a dare un contributo per agevolare questo processo c’è e rappresenta il motore del nostro lavoro. Siamo convinti che attraverso il fumetto, uno strumento di comunicazione assai efficace e del tutto inedito per l’universo non conformista dal quale ci muoviamo, si possa riuscire a incidere nell’immaginario collettivo. Ovviamente si tratta di una scommessa. Però le risposte che ci arrivano dai nostri lettori sono molto confortanti.

 

Con buona pace del professore dell’antifascismo, Christian Raimo, il quale citandovi in un post assieme ad altre case editrici, ha recentemente osservato che i destrorsi “leggono, studiano, scrivono, formano una classe intellettuale”. E ora, pensa un po’, riescono persino a disegnare…

Già (ride, ndr). Ma c’è di peggio per l’intellighenzia rossa. Perché il disegno è solo l’ultimo passaggio delle opere che editiamo. Prima viene tutta quella parte che ha a che fare con la scrittura, con la sceneggiatura, con lo studio approfondito del taglio che intendamo dare alle store che raccontiamo, le qual non sono mai rappresentate semplicemente in quanto tali. Ciò che per noi conta molto, oltre naturalmente la vicenda in sé, è il come raccontarla. E ancora, c’è tutta la parte di approfondimento storico – che è una peculiarità delle nostre graphic novel – utile per contestualizzare meglio gli eventi.

 

Sforzandoci a prendere sul serio il post di Raimo ci verrebbe da dire che se fino a qualche tempo fa poco era emerso della cultura della destra identitaria e non conformista, è soprattutto per via dell’ostracismo spietato del mondo culturale, da sempre monopolizzato dalla sinistra, nel nome della pregiudiziale antifascista…

Verissimo. E vi dirò che nell’ambiente del fumetto quell’ostracismo è ancora molto forte. All’inizio, in particolare, abbiamo avuto qualche difficoltà a trovare disegnatori professionisti disponibili a collaborare con noi mettendosi al servizio delle storie che raccontiamo.

Di contro però va anche detto che purtroppo il nostro mondo ha spesso avuto la tendenza, per via di quell’oggettiva ostilità, a rinunciare in partenza a cercare di aprirsi spazi nuovi, limitandosi a restare confinati nel circuito della militanza.

Oggi (al netto, ripetiamolo di una agibilità politico-culturale sicuramente molto più ampia rispetto al passato) la nostra esperienza dimostra che se le cose vengono fatte con livelli qualitativi elevati a possibilità di riuscire ad aprire nuovi spazi, raggiungendo così un target più vasto, c’è.

Le difficoltà a trattare certi argomenti e a conquistarsi uno spazio nel campo della cultura – specie quella pop – sono ancora tante per chi come noi ha una precisa visione del mondo. Ma a volte quelle difficoltà sono state giudicate più grandi e insuperabili di quanto non fossero.

 

Qualche responsabilità – come noi ricordiamo spesso – andrebbe addebitata anche alla destra politica che in tanti anni di governo non ha mai contribuito a creare e difendere laboratori culturali…

Assolutamente sì. Vale per la cultura in generale ciò che è accaduto nel mondo del fumetto, che è quello di cui stiamo parlando e con il quale noi di Ferrogallico ci confrontiamo: se tu trascuri sistematicamente un settore, quello finisce per essere completamente occupato e poi egemonizzato da altri che poi, naturalmente, faranno di tutto per ostacolarti e tenerti fuori.

 

Foiba Rossa, graphic novel su Norma Cossetto

Voi però ce l’avete fatta e oggi le vostre storie sono sempre più apprezzate dai lettori. Al di là della cura nel confezionamento del prodotto editoriale, la sensazione è che gli italiani abbiano voglia di conoscere queste pagine di storia negata…

Io sono convinto che il fatto stesso di vietare di trattare certi argomenti finisca per generare su di essi grossa curiosità. Per questo penso sia importante sviluppare forme di espressione capaci di arrivare a tutti, come quella del fumetto, curando una distribuzione più capillare possibile per soddisfare al meglio questo bisogno di conoscere da parte della gente. Ancora una volta, dunque, parliamo di un progetto editoriale destinato a uscire fuori dall’ottica del prodotto di “area” e rivolto al contrario al grande pubblico. Il quale magari sa poco o nulla di certe storie e di certi personaggi, ma avverte la voglia di scoprirli. Certo è che bisogna farsi trovare pronti rendendo il prodotto accessibile ovunque. Affidandosi a livelli qualitativi ai quali la gente è abituata e alla grande distribuzione.

 

Quale è la storia sulla quale avete avuto maggior riscontro?

Senz’altro Foiba Rossa, sulla tragedia dell’esodo e il sacrificio di Norma Cossetto. Parliamo di numeri importanti anche per l’editoria classica. Il volume è in distribuzione da circa un anno, tra edicole e librerie, siamo alla terza ristampa e, per dare un’idea, nelle sue varie declinazioni (compresa un’edizione speciale gratuita di Anvgd) ha superato le 30mila copie.

 

Un caso editoriale clamoroso. Come te lo spieghi?

Beh, sicuramente perché parliamo di una storia ormai conosciuta, “istituzionalizzata”. Non è un caso se ci è stato richiesto da diverse amministrazioni. Alcuni sindaci hanno chiesto di distribuire il volume nelle loro città. La Regione Veneto che è una delle più importanti, anche politicamente, d’Italia ha deciso di adottare il libro per distribuirlo, entro la fine dell’anno scolastico, in circa 600 istituti delle medie inferiori. Ebbene, per noi si tratta di un grande successo dall’alto valore simbolico.

 

L’ultimo volume che avete distribuito proprio di recente è quello che racconta il sacrificio di Jan Palach, lo studente di Praga eroe della resistenza antisovietica…

Sì, un fumetto dalla sceneggiatura straordinaria, totalmente priva di retorica e incentrata su un’idea generale: ma se Jan quel giorno avesse deciso di non darsi fuoco e fosse invecchiato cosa avrebbe pensato della vicenda tragica vissuta dal suo Paese e del gesto che avrebbe voluto compiere? Quindi è lo stesso Jan Palach maturo a fare una riflessione, molto profonda e a tratti poetica e persino commovente, sul senso del sacrificio per la propria comunità. Un’opera di un cartoonist ceco della quale ci siamo subito innamorati. Così non abbiamo fatto altro che acquistarne i diritti, tradurla, aggiungere dei contributi extra come da un nostro format e proporla ai lettori. Mediaticamente ha già incontrato un grosso successo.

 

La prossima storia che ci racconterete?

1919. Questo è il titolo dell’avventura di un ardito che dalle trincee della Prima Guerra Mondiale si trova ad arrivare fino a piazza San Sepolcro, alla fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento. Una storia avventurosa che si svolge in un contesto storico ben preciso, la cui uscita in libreria è prevista per i primi giorni di maggio.

*Da Candido di Aprile 2019

Alessio Di Mauro*

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