Mostre/Milano. ‘Romanticismo’ o il nostro essere romantici contemporanei

Che gira intorno alla mostra ‘Romanticismo’? Dove nasce il successo dell’esposizione milanese? Allora premono le risposte. Questa esposizione è una dedica al Romanticismo/essenza delle civiltà d’Occidente. E poi la stagione romantica ottocentesca rappresenta la storia dei popoli, il rifiuto engagé di ogni universalismo; il che pare attualissimo. Così entriamo in un percorso di duecento opere situate tra le Gallerie d’Italia e il museo Poldi Pezzoli. È l’occasione per ritrovare i protagonisti di un secolo di passioni borghesi. Come fu protagonista Francesco Hayez. La locandina della mostra rivela la bellezza e lo smarrimento de ‘La meditazione’ (1851) di Hayez; è questa una figurazione realistica che racconta un abbandono sensuale e borghese. Ritroviamo pure i celebri ritratti hayeziani, dedicati a Alessandro Manzoni (1841) e alla Contessa Zumali Marsili (1833): due  figurazioni che enucleano l’eleganza asciutta dell’Ottocento.

La ricchezza della proposta museale passa attraverso ventuno tematiche. Una è dedicata alla stagione della scultura di Lorenzo Bartolini, Pietro Tenerani, Vincenzo Vela. Un’altra osserva il paesaggismo romantico che costruisce visioni alla ricerca dello spirito della natura. Proprio ‘La veduta di Castellamare’ (1831) di  Gabriele Smargiassi dice lontananze, alberi che si schiudono al viandante, luoghi di un’era pre-industriale. Nell’esposizione la cifra pittorica si amplifica avendo accanto il paesaggio europeo dei Turner e Friedrich, gli artisti che codificano il sentiment romantique. Turner, la bruma e i paesaggi sublimi; Friedrich, il mare burrascoso e la natura oscura; dicono ancora l’irrequieta attesa di un evento. Tuttavia, in Italia, la pittura romantica genera altra narrazione meno simbolica e di carattere storico. Si pensi ai fratelli Domenico e Gerolamo Induno che dipingono i cafoni del sud, i travagli garibaldini, la guerra piemontese, i borghesi nei propri salotti, i baci alle mogli prima di finir sul fronte, e il dimenarsi italico nel ‘Bollettino di Villafranca.’ Nell’arte del XIX secolo, come nessuno e in ordine sparso, i romantici d’Italia dipingono da pedagogici-nazionalpopolari.

L’organizzazione museale milanese nasce dalla volontà progettuale di Intesa San Paolo, con la cura di Ferdinando Mazzocco. E nasce con un’intuizione: far osservare i segni del discorso di un’epoca; far riemergere i bisogni che erano sogni e i sogni che erano bisogni; con la manzoniana ‘Lucia Mondella alla finestra’ che aspetta e spera (Eliseo Sala, 1843); con le scogliere di un sud primitivo; con il ballo di nuvole nel ‘Notturno con effetto di luna’(1820/1830) di Giuseppe Pietro Bagetti.

Comunque, alla fine, mai abbiam smesso di essere romantici; perché siamo i fedeli nelle processioni, sotto gli sguardi dei crocifissi nei paesi; perché, come i romantici dell’Ottocento, cerchiamo un’arte civile contraria alle accademie del business; perché, ammirando tele di Massimo d’Azeglio, Angelo Inganni e Giuseppe Molteni, sappiamo che l’Italia unita nacque così, dopo una confessione in chiesa alla Molteni e  dopo i fervori delle battaglie alla Massimo d’Azeglio.

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Renato de Robertis

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