Cultura (di P.Buttafuoco).”Festa al trullo” della Maralfa: la danza mistica dell’estate della Puglia

Trulli nella Valle d’Itria

Premesso che solo un Cuntu tra li cunti diventa parola universale – la lingua meridionale – non c’è spazio cosmopolita, contemporaneo, influencer ed eccitante che quello circoscritto da una pietra sopra un’altra pietra.
Il Trullishire ha cancellato, infatti, il Chiantishire dall’immaginario di chi può, e di chi sa.
La costruzione conica di mura a secco – il trullo, appunto – è il punto d’irradiazione di quell’irrisolto nonsense che è il futuro, spensierato sempre come nel dettato di un noleggiatore di flipper.
“E mica solo” flipper.
Ecco Festa al trullo di Chicca Maralfa, la messa in scena dove i muri a secco – riconosciuti quali patrimonio dell’umanità, marchio di civiltà dell’Unesco – sono protagonisti. E il libro di Maralfa è un sofisticato manuale di divinazione esistenziale in forma di romanzo edito, manco a dirlo, da Les Flaneurs.
E mica solo “romanzo” è il Trullo. E’ già sceneggiatura, icona, marketing, passaparola, ciceri&tria (una specie di tagliatella, ma senza uovo) d’attesa per la prossima stagione estiva in quel delle Puglie.
Come oltre al flipper c’è pure la possibilità di noleggiare video poker, le macchine per le pesche miracolose e i distributori di palline per i bambini in spiagge, bar, ristoranti e centri commerciali, così per la variegata umanità meridiana c’è – grazie a Chiara Laera, influencer del costume, pronta al lancio di un nuovo brand, ciceri&tria per l’appunto – la sempre aperta disponibilità della moda.
Ed è, la moda, consorella da sempre – e qui Giacomo Leopardi de le Operette Morali fa testo – della morte.
E mica solo “morte”. C’è la calamità naturale che agguanta gli ulivi, la Xylella, intorno a cui s’adunano gli esperti, i tecnici della forestale e chissà chi altro, tutti in gran voga, tutti stretti al C-Trullo: “Cunziglie de vulpe, morte de gaddine”. Così si legge in una nota ma la traduzione è francamente superflua perché tornando alla premessa – il Cuntu de li cunti della parola universale – la famosa scena di Totò e Peppino con il ghisa di piazza Duomo, a Milano, quella del “noio volevam savuar” è paradigma della lingua meridionale.
Lo spiegò bene ABO, ovvero Achille Bonito Oliva: “Totò e Peppino parlano una lingua comprensibile in tutto il mondo, il Vigile, invece, si esprime in un modo che solo dentro quella piazza possono capirlo, e neppure tutti…”.
E mica solo “tutti”. L’intero set di pietre erte a secco, tra muretti e abitacoli conici, dove il C-Trullo – ovvero la masseria di Chiara Laera – dispiega un presepe di pastorelli d’avanguardia è l’abecedario del grottesco. Per non dire del campionario antropologico: le cicorielle in diretta Instagram e Periscope.
Ora e sempre Pietro Germi sarebbe da dire, anzi, da urlare, al modo dello slogan rivelatore del suggello filmico il cui specifico – al modo del muretto – è sempre secco. Nella reiterazione della battuta: “putreseine d’ogni minestra”. E mica solo prezzemolo!

(da Il Fatto Quotidiano del 3 dicembre 2018)

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