Cultura. Perché Giovanni Verga è così politicamente scorretto

Giovanni Verga
Giovanni Verga

“Verga è di Destra?!” esclama lo studente  lì tra i banchi. Il prof attende un attimo, ma il diciottenne riprende, “Per cosa ho capito, stiamo studiando uno scrittore conservatore.” Dopo qualche secondo, il prof risponde che l’arte deve essere slegata dalla politica. Per leggere un romanzo o per ammirare un quadro è utile dimenticare se un artista ebbe la passione sovietica o simpatizzò per il regime fascista.

Verga sotto sotto è fastidioso. Tanti manuali di letteratura sono insinceri e  tu, ragazzo dallo sguardo intelligente, non troverai scritto che Verga era insofferente verso le logiche parlamentari. Il grande Verga, lo scrittore dei vinti, il padre del Verismo, espresse simpatie per l’ex deputato socialista Mussolini e parlò a favore di una politica più decisionista nel 1919. Caro ragazzo, insomma, nei romanzi verghiani vibra un anticapitalismo rabbioso.

Forse oggi lo scrittore catanese voterebbe per il Movimento Cinquestelle; chi lo sa? Ci sono pagine in cui egli scrive contro banche e assicurazioni, contro il “cancan finanziario”. Le novelle ‘Vita dei Campi’ sono carne e sangue e il fatto “nudo e crudo” dice tutta l’imperfezione umana. Principalmente, Giovanni il conservatore dubitava dell’arte di consumo e disconosceva la modernità. Quindi i fascisti rossi – da Berto a Malaparte – avevano simpatia per Verga, per la sua strapaesanità, invece volevano meno bene al lussuoso Gabriele d’Annunzio.

Eppure Luchino Visconti, il principe marxista, fece de ‘I Malavoglia’ un film  (‘La terra trema’) con l’intenzione di produrre un’opera di riscatto sociale. Che bravo Alessi, figlio di Bastianazzu, che mantenne la dignità del lavoratore e la coscienza di classe! Di certo, negli anni cinquanta, ci fu la tentazione di far divenire Verga un interprete engagé dell’anima popolare. Tuttavia, se si allargano le prospettive, Verga si collega a quel pessimista della ragione che fu Giuseppe Prezzolini.

Verga e Prezzolini, due intellettuali senza illusioni. Due giudizi radicali per il loro presente. Prezzolini, un conservatore vigile verso i “moderni vandali”, così  identico  al Verga che biasimava la “fiumana del progresso”. Un siciliano e un toscano entrambi consci di ciò: la società non muta con un verniciata di riformismo trasformista. “Il conservatore – ricordalo – è un realista, non può vedere bianco quello che è nero”, scriveva Prezzolini. Lo avrebbe sottoscritto l’autore di ‘Mastro don Gesualdo’, lo scrittore siculo non sopportava le comode tonalità grigie e scriveva: gli uomini si sbranano e la provvidenza fa naufragio troppe volte.

Cioè rassegnati, studente, ma i libri di scuola  non si scomodano: stanno fermi in un mainstream tecnico-letterario che non fa affiorare la complessità.  Basta leggere la novella ‘Libertà’ e capire le illusioni della  storia: il popolo sgozza i notabili del paese in nome della libertà. Oppure, caro giovane, ritrova Padron ‘Ntoni, la sua saggezza, “Il motto degli antichi mai mente…”  e  “Senza pilota barca non cammina.” Povero padron Ntoni, “testa quadra”, lo avevano boicottato nelle elezioni predicandogli contro:  è “un codino marcio”,  è “un reazionario…”

Il mondo non cambia mai: la caccia al reazionario era ed è di moda. Nei nostri giorni, Padron ‘Ntoni  lo chiamerebbero politicamente scorretto.

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Renato de Robertis

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