Focus Western. I mille volti di Buffalo Bill cacciatore di indiani e di bisonti

Buffalo Bill
Buffalo Bill

Il suo vero nome era William Frederick Cody (1846 – 1917), dal 1868 ereditò il soprannome di “Buffalo Bill”  da colui che lo aveva preceduto nell’uccisione di numerosi bufali lungo la Kansas Pacific Railroad. Buffalo Bill nacque da una famiglia di agricoltori dell’Iowa, fu esploratore, guida, soldato, cacciatore di indiani e di bisonti, concluse poi la sua carriera di attore e impresario teatrale mettendo su uno spettacolo circense itinerante intitolato a lui stesso. A 16 anni faceva da scorta alle carovane di pionieri che andavano verso Ovest, fu anche corriere del servizio postale Pony Express, combatté nella Guerra di Secessione nelle file degli unionisti, alla fine della guerra fu assoldato dalle varie compagnie ferroviarie come cacciatore di bisonti che una volta abbattuti servivano a nutrire gli operai che lavoravano sui binari oltre che allo sgombero delle carcasse, tutto ciò portò al collasso economico delle tribù indiane che si mantenevano grazie al bisonte da cui traevano ogni cosa, dalle carni per sfamarsi alle pelli per vestirsi e costruire le loro abitazioni alle ossa per i loro utensili. 

Divenne popolare per aver ucciso il capo cheyenne Mano Gialla per ritorsione per la morte del generale Custer morto durante la battaglia di Little Big Horn, prese parte alle guerre indiane contro i Sioux e per questo venne decorato con la Medaglia d’Onore del Congresso che è la più alta onorificenza a cui ogni soldato americano aspira. Fu il giornalista Ned Buntline (1823 – 1886) autore di altre storie sugli eroi del West che fece di Cody un “personaggio” presentandolo in stile popolare e nello stesso tempo agiografico rendendolo famoso nei suoi romanzi. Sulla base di tutto ciò Cody fondò lo spettacolo circense itinerante Buffalo Bill’s Wild West Show, in cui venivano ricostruite tutte le vicende salienti della storia del West, nei suoi spettacoli non mancavano cowboy e pellerossa e le partecipazioni straordinarie di eroi del west in declino come Toro Seduto, Wild Bill Hickok, Alce Nero, Annie Oakely, Calamity Jane. I suoi spettacoli giunsero anche in Europa e qui in Italia, nel 1890 tornò poi a combattere gli indiani con il grado di colonnello.

Questo eroe era presente nel cinema western già all’epoca del muto in storie inventate oppure singoli episodi della sua vita come nel film del 1926 With Buffalo Bill on the U.P. Trail di Frank Mattison e interpretato da Roy Stewart, oppure come guest star in vicende che riguardano altri personaggi come La dominatrice di George Stevens e Moroni Olsen nella parte di Buffalo Bill; Anna, prendi il fucile di George Sydney con Louis Calhern; Wild Bill (1995) di Walter Hill in cui Cody è interpretato da Keith Carradine; Oceano di fuoco – Hidalgo di Joe Johnson, in questo caso Cody ha i tratti di J.K. Simmons. Lo si incontra anche in La conquista del West (1936)   di Cecil B. De Mille in cui Buffallo Bill è il partner di Wild Bill Hickok in cui tutti e due combattono dei trafficanti di armi che riforniscono gli indiani, nel 1944 William Wellman dirige l’unico vero biopic, di sicuro romanzato su questo personaggio dal titolo Buffalo Bill con una ricostruzione dall’infanzia fino alla carriera circense.

Il regista in realtà era contrario a pontificare su un personaggio “falso”, tuttavia questo film resta un punto fermo. Altri film che rappresentano Cody come un eroe popolare, giusto, saggio, amico degli indiani e difensore della pace tra bianchi e nativi sono Buffalo Bill ancora in sella diretto da Bernard Ray e nella parte di Cody Richard Arlen, Charlton Heston in Pony Express (1953) diretto da Jerry Hopper con Forest Tucker nella parte di Wild Bill Hickok in cui Cody è il protagonista di una staffetta a cavallo coast to coast in territori pullulanti di indiani e fuorilegge.

In Italia abbiamo il genere spaghetti western con il film Buffalo Bill, l’eroe del Far West (1965) diretto da Mario Costa in cui il nostro eroe deve sventare un traffico di armi tra bianchi e pellerossa, il film si conclude con il duello mortale con Mano Gialla. Il revisionismo se non la demitizzazione del personaggio arriva nel 1974 con il film grottesco di Marco Ferreri Non toccare la donna bianca ambientato a Parigi negli anni settanta in quartiere popolare abitato da diseredati e barboni che rappresentano i nativi americani in cui si rievoca l’evento della disfatta di Custer, l’intento del regista è di mettere in ridicolo l’imperialismo americano, il razzismo e il perbenismo della società americana e in qualche modo anche una critica alla guerra in Vietnam. Ma sarà soprattutto Robert Altman con Buffalo Bill e gli indiani, in cui il regista cerca di focalizzare il rapporto tra mito, storia e leggenda attraverso lo spettacolo circense di Buffalo Bill, con una serie di contraddizioni fallaci sul mondo della Frontiera, Altman rappresenta lo spettacolo come una farsa cialtronesca priva di verità. Buffalo Bill è in realtà un ubriacone arrogante con un passato da Pony Express trasformato in eroe dal giornalista Ned Buntline che ammanta di una fama fittizia, vuole parodiare la battaglia di Little Big Horn e vuole la partecipazione di Toro Seduto, il quale non ha intenzione di prestarsi a “invenzioni” baracconesche, alla fine si riesce ad ottenere la partecipazione di Toro Seduto in cambio di un incontro con il presidente degli Stati Uniti, che però non avverrà perché Toro Seduto verrà ucciso e il suo posto viene preso dal suo interprete Halsey che nell’immaginario collettivo è più simile a Toro Seduto e che nel numero finale completamente inventato si fa uccidere in duello da Buffalo Bill, il quale alla fine realizza tutto il nulla del suo spettacolo di fronte al mondo dello spirito del popolo indiano. Distribuito in Italia da De Laurentis, apprezzata dalla critica in Italia ma purtroppo poco amata dal pubblico. Ancora oggi manca una vera e propria pellicola che possa affrontare con onestà intellettuale un personaggio complesso come Buffalo Bill rappresentandolo nella verità storica ed estrapolandolo dal mito e anche da un certo revisionismo ideologico.

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Giovanni Di Silvestre

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