Il caso (di P. Isotta). L’eufemismo dei “neri” nasconde la cattiva coscienza politicamente corretta

(Il mercato degli schiavi di Jean-Léon Gérôme, 1866)

Vittorio Feltri ha ancora una volta ricordato in un’intervista che gli uomini di pelle scura vanno chiamati negri e non neri, come oggi impone il politically correct. Dire neri è un eufemismo; e l’eufemismo nasce sempre da cattiva coscienza e da ipocrisia. Chi dice nero si fotte dalla paura di esser considerato razzista, quasi che una res facti, l’appartenere a una razza africana, sancita da un antichissimo vocabolo italiano, sia di per sé infame. È l’ipocrita che nella sua sporca coscienza considera il negro un inferiore e, per tema di scoprirsi, ricorre all’eufemismo. Il conformismo nel quale viviamo automatizza il processo. Un ricordo personale: l’unica volta che in quarantun anni di esercizio della critica musicale ho scritto un testo per la Scala, sull’Aida (i cosiddetti critici musicali cadono tutti per pochi centesimi in questa forma d’indiretta corruzione), il mio citare la danza degli schiavi negri venne cambiato: il vocabolo non poteva esser pronunciato nel Tempio Milanese. Corressero Verdi, non me.

Roma, repubblicana e imperiale, ignorava il razzismo. I negri erano servi come altri uomini di tutte le razze, a partire dagli stessi latini, e i servi potevano tutti essere emancipati. Il vocabolo schiavo è italiano, e deriva dalla gentile usanza veneziana di fare servi gli schiavoni, ossia gli albanesi, di ceppo epirota, più biondi di loro e che parlavano una lingua più antica e nobile, il greco. In genere i negri di oggi, salvo gli spacciatori nigeriani, sono più puliti ed educati di moltissimi italiani e di altri europei. Una certa aristocrazia negra delle professioni ha negli Stati Uniti la puzza sotto il naso verso molti bianchi che non raggiungono il suo stato.

Ma parliamo degli Stati Uniti. È il paese che ha fatto nascere il politically correct e che, per esser diviso tra varie confessioni protestanti, ritiene di esser il solo a comprendere e applicare il Vangelo. Peraltro, milioni di americani sono convinti che l’universo sia stato creato cinquemila anni fa, come vuole la Bibbia: lo si insegna nelle scuole. Gli americani sterminarono i pellerossa, dei quali occuparono la terra; gli spagnoli, nell’America meridionale, in nome del Vangelo (cattolico) fecero un olocausto di quaranta milioni di indigeni. Ma le condizioni di uno schiavo negro nella patria della Bibbia e del Vangelo, nelle piantagioni e nelle miniere, sarebbero parse un incubo a un servo nella Roma imperiale. Gli operai che qualche millennio prima costruirono le Piramidi non erano schiavi, ricevevano un salario e a volte scioperavano. Gli arabi (seguaci d’un altro monoteismo: nel subcontinente indiano i musulmani hanno nei secoli ucciso ancor più milioni di induisti e buddhisti) razziavano brutalmente i negri per tutta l’Africa e li consegnavano incatenati ai mercanti destinati a portarli negli Stati Uniti. Io credo che il monoteismo sia di per sé radice di fanatismo: alle cosiddette “religioni del Libro” va aggiunta quella dell’Essere Supremo, che Robespierre impose a puntellare i crimini del Terrore; il Sole inventato dal faraone Akhenaton e il Sol Invictus di Aureliano sono divinità di vertice di un Pantheon, non uniche.

 

Paolo Isotta

Avete mai visto l’immagine di come gli schiavi deportati viaggiavano? Stipati nella stiva, incatenati al banco per tutta la durata della traversata, senza potersi muovere, affetti da dissenteria e scorbuto, tra i loro escrementi e i parassiti che li divoravano… I sopravvissuti (tanto, ce n’era abbondanza, ne potevano morire) andavano a ricevere il Vangelo in America e a imparare che (nell’altra vita) siamo tutti fratelli.

Una cosa che non tutti sanno è l’etimologia di denigrare, che significa svilire, considerare inferiore. Non viene da negro. Nella musica polifonica francese del Trecento si elaborò la notazione mensurale: per la prima volta nella storia, le note venivano scritte attribuendo loro anche un valore di durata ciascuna in proporzione dell’altra. La lunga era bianca; la breve, che valeva la metà, nera. Dénigrer, dal latino denigrare, da annerire passò a significare abbassare di valore, indi disprezzare. Oggi i cretini dell’eufemismo, i quali certo ignorano ciò e quasi tutto il resto, che diranno, denerare?

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*Da Libero Quotidiano del 10.10.2018

Paolo Isotta*

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