Cultura (di P. Isotta). I novant’anni di Topolino e il genio di Disney gigante del ‘900

In questo 2018 si celebrano i novant’anni di Topolino. Nacque direttamente al cinema, primo cartone animato col sonoro sincronizzato all’immagine. Che il personaggio vedesse la luce direttamente come film dimostra il genio avveniristico di Walt Disney. Solo dopo Topolino, e tutta la famiglia gradualmente generata, diventarono un fumetto.  Nelle due forme, la creazione di Disney e tutte le vicende delle figure da lui inventate, sono state fra le cose importanti della cultura del Novecento; e oltre.

Dai miei cinque anni i fumetti di Disney erano il mio pane quotidiano. Poi ne arrivarono altri, quelli dell’ “Intrepido”, Batman e soprattutto Flash, che mi appassionava di più: ma Flash è di qualche anno posteriore, giacché si coniuga a un’altra mia passione, la fantascienza, la velocità della luce, il viaggio nel tempo. Si aggiunsero, al cinema e come “strisce”, altri prediletti, il coniglio Bunny e il grandissimo Gatto Silvestro. Ma tutto questo nasce dalla prima invenzione di Disney, è un omaggio a lui.  Le “strisce” di Topolino recavano allora un testo, e le avventure s’interpretavano leggendolo attentamente.  Sin dall’infanzia il topo saputello non mi era simpatico, così come m’infastidiva il libro Cuore, che più tardi ero costretto a leggere. Pure un bimbo piccolo poteva avvertire che Topolino è troppo perbene, troppo bempensante. Alleato del commissario Basettoni, è un difensore dell’ordine costituito basato sulla proprietà e sulla discriminazione di classe. Con un po’ di enfasi, possiamo affermare che Topolino è un cantore della triade “Dio-Patria-Famiglia”. È un piccolo borghese e tale è la sua ideologia. L’Italia fascista lo accolse con condivisione.

La mia simpatia andava a Paperino e alla sua famiglia. Paperino, idealista e sfortunato, eversore come Silvestro, la sua personalità messa sempre in ombra da altri tre cantori dei Buoni Sentimenti, i nipotini, infallibili e sapienti, grazie al loro manualetto tascabile. Anche Zio Paperone, grandioso mostro di avarizia, reincarnazione d’un tipo nato con Plauto e giunto allo Scrooge di Dickens, mi piaceva molto. Che delizia vederlo tuffarsi nella piscina il liquido della quale sono dollari e non acqua, farsi la doccia con le monete! La qualità dei disegni degli ateliers artistici di Disney era strepitosa; nell’ infanzia il mio culto mi consentiva di distinguere addirittura le differenti mani dei disegnatori: avevo i miei preferiti. L’esser condotti al cinema per poter godere le avventure di Topolino e della famiglia dei paperi era allora un raro premio.

Dovevo avere sei anni quando con una zia mi mandarono a vedere Fantasia. È uno dei capolavori della storia del cinema, e l’ incanto non nasce solo dal suo essere un film musicale, con grandi opere classiche, e in eccelse esecuzioni dirette da un Maestro come Leopold Stokowski. Topolino pure vi partecipa, interpretando il delizioso episodio del Poema Sinfonico di Dukas L’apprendista stregone, che deriva da una Ballata di Goethe. Tanto per dichiarare il livello culturale al quale il topino, qui non saccente, era portato dal suo creatore. Fantasia è dall’inizio alla fine una serie d’immagini squisite, partorite dal più alto gusto figurativo. Il connubio di esse con la musica a volte è racconto di una storia, a volte è pura astrazione simbolica. Presupponeva troppo dallo spettatore, non si dice infantile, anche dall’adulto. Di allora. Figuriamoci oggi quest’astrazione chi può afferrarla.   Una infantile mente vergine ne sarebbe educata al pensiero.

*Da Il Fatto Quotidiano

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Paolo Isotta*

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