Libri. Paff…Bum! Lucio Dalla. Un ritratto del cantautore bolognese attraverso le interviste

Lucio Dalla

“A nessuno ho mai chiesto di essere capito, se non a me stesso”. Una scintilla, multiforme figura fatta di spigoli e umori variabili come tutte le persone forgiate dal sacro fuoco dell’arte, questo era Lucio Dalla, persona diventata icona della musica jazz, fusion, cantautorale e pop che ha solcato ed esplorato le pluralità dell’arte. Lo spiega bene il testo a cura di Davide Ratti “Lucio Dalla. Paff…Bum!”.

Una collazione di pillole, pensieri, aforismi, preceduti da una sintetica sezione biografica sul Cantautore bolognese. Gli angoli, i gusci con cui era solito porsi alla stampa vengono smerigliati, traforati per poter scrutare meglio, con più raffinatezza, quella simpatica e stralunata scatola nera quale la sua personalità era, nonostante l’apparente estroversione. Da cantante a guru, Lucio Dalla snocciola perle sul dolore, di stampo intimistico, in un periodo -gli anni ottanta- in cui non sarebbe stato ancora usuale o auspicabile parlare di sentimenti in chiave non solo psicanalitica ma individualistica. Non dare risposte definitive, questa una parte del suo stile. Dalla odiava le etichette, di qualsiasi genere, si definiva un randagio, con le sue tenerezze e le sue asperità.

“Mi ritengo un canzonettaro e basta. Le etichette per quanto di lusso mi procurano disagio e, per certi aspetti, mi fanno sentire penoso come fossi imprigionato dentro una bottiglia”. Una rullata di aforismi, poliedrica, come lui, l’artista bolognese che ha spaziato e spiazzato all’interno del mondo multidimensionale della musica italiana, arricchendolo con sonorità e dimensioni provenienti da altri mondi (musicali e non solo).

Incontenibile, al tempo stesso ferreo e deciso nella sperimentazione, parlare di Lucio Dalla significa parlare di un soggetto che ha basato la sua produzione artistica sull’esplorazione personale delle frontiere della propria soggettività, una contraddizione vivente, in cui trovare, tra due poli, oltre alle forme d’arte anche le varie facce dell’essere umano. 

Indubbiamente provocava: “Odio la violenza, anche quella rivoluzionaria. La parola rivoluzione per me, uomo di sinistra, è una parola che mi ha sempre spaventato. Violenza e rivoluzione propongono qualcosa di troppo traumatico, di troppo definitivo perché possa esserne attratto”.  Un rapporto ferreo, vitale e tradizionale con Dio. Si è sempre definito credente e disinibito nel parlarne in pubblico, anche quando parlarne era considerato sconveniente.

Lucio, anche quando veste i panni di Dalla, risulta l’assemblaggio perfetto di contraddizioni umane che sprigionano, però, una forza incredibile, irrefrenabile, sincera e scherzosa. Non ha mai fatto mistero delle proprie fragilità, non ha mai rivendicato strutturalismi e organicità di vario genere, non ha mai utilizzato facili retoriche. Come racconta “Paff…Bum!”, Lucio Dalla è un artista che ha sempre messo al centro della propria arte il proprio fattore umano fragile, irrisolto, a tratti ispido e scontroso, ma creativo, sperimentale e vitale, con l’effervescenza e l’umiltà di chi come lui afferma: “Ho semplicemente tenerezza nei miei confronti, ma mi capita di rendermi insopportabile”.

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Stefano Sacchetti

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