Effemeridi. Il lungo addio a Bruce Chatwin, ultimo viaggiatore al tempo dei turisti

Chatwin8 Gennaio 1989. A 48 anni, in un ospedale di Nizza, cessa di vivere ma non conclude il suo viaggio terreno Bruce Chatwin. Scrittore e molto altro.
Il suo funerale in una chiesa greco-ortodossa si terrà a Londra e le sue ceneri saranno disperse nei pressi di una chiesetta bizantina nel piccolo villaggio greco di Kardamyli, sul mare, con alle spalle lo spartano monte Taigeto.
I viaggiatori, quelli veri, non quelli del turismo vacanziero dei Tour operator, lo sanno, che ogni viaggio, ogni meta da raggiungere, è una prova che ti allarga la mente ma soprattutto ti cambia dentro, ti innalza. Ben lo sapeva Chatwin che del viaggio aveva fatto il senso della vita. Se si entra nella mente del viaggiatore si scopre che sempre – si sia nomadi, vagabondi, esuli, avventurieri -, si è alla ricerca di sé. Il viaggio della conoscenza dei luoghi, delle genti, degli idiomi, dei cibi, delle tradizioni, oggi, nel nostro tempo, può consentire ancora di lasciarsi alle spalle l’orrendo e indistinto Villaggio Globale.

“Gli Antenati, che avevano creato il mondo cantandolo, disse, erano stati poeti nel significato originario di poiesis, e cioè ‘creazione’. Nessun aborigeno poteva concepire che il mondo creato fosse in qualche modo imperfetto. La vita religiosa di ognuno di essi aveva un unico scopo: conservare la terra com’era e come doveva essere. L’uomo che andava in walkabout compiva un viaggio rituale: calcava le orme del suo Antenato. Cantava le strofe dell’Antenato senza cambiare una parola né una nota – e così ricreava il Creato” (Bruce Chatwin, “Le vie dei Canti”)

Amerino Griffini

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