Fumetti. Se le “Cattive ragazze” salvano il mondo (e il genere femminile)

Cattive ragazzeNon hanno paura di guardarti negli occhi le donne protagoniste di Cattive ragazze, graphic novel di Assia Petricelli e Sergio Riccardi (Sinnos Editrice), che raccoglie “15 storie di donne audaci e creative”, donne normali – ma non banali – che si sono sentite libere di vivere secondo i propri ideali. I loro nomi forse non dicono nulla, ma il loro cuore sincero ha innescato processi di cambiamento fondamentali per la società. Olympe de Gouges fu l’autrice della Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina durante la Rivoluzione Francese. Il suo destino? Prima l’accusa di essere una poco di buono, poi la maldicenza che i pamphlet fossero opera dei suoi amanti, e infine la ghigliottina. Nulla di cui meravigliarsi!

Franca Viola, invece, si ribellò all’inconcepibile legge che permetteva a chi stuprava una donna di risolvere la questione con un matrimonio riparatore, evitando così qualsiasi processo. Per inciso, i suddetti articoli del codice penale sono stati abrogati solo nel 1981. Nellie Bly fu colei che diede i natali al giornalismo sotto copertura: si fece rinchiudere in un manicomio femminile dopo aver letto, alla fine del 1885, un articolo su un giornale locale dal titolo Per cosa sono buone le ragazze, in cui si elencavano mansioni come pulire, cucinare e far figli. Con grande fatica Bly riuscì a scrivere della sua esperienza da internata sul New York Worlds di Joseph Pulitzer.

Arrivando allo sport, ecco Alfonsina Morini Strada, che nel 1924 fu la prima concorrente femminile ammessa al Giro d’Italia, una ragazza ingegnosa, la quale non si fermò nemmeno di fronte alla perdita del manubrio: lo sostituì con una scopa e ripartì. Con grande sorpresa scopriamo, poi, che nell’esercito dei Mille di Giuseppe Garibaldi c’era la coraggiosa Antonia Masanello, protagonista anche lei di una delle quindici storie di Cattive ragazze.

Il comun denominatore delle eroine della graphic novel non è sicuramente la corsa all’emancipazione o l’aggressività tanto di moda di questi tempi, quanto piuttosto la voglia di tirarsi su le maniche e darsi da fare. Ogni obiettivo si conquista con fatica, con sacrificio, e ci auguriamo che questo libro non diventi l’ennesimo strumento della cieca lotta femminista, bensì uno stimolo per le adolescenti a credere in se stesse, ad avere delle aspirazioni, con la consapevolezza che il cambiamento parte dallo spirito di abnegazione di ognuna di loro.

Maria Elena Capitanio

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