Cultura. Mea culpa di Céline e l’attualissimo racconto della spocchia dei politici

Luis Ferdinand Céline

Sono  trascorsi non tanti anni da quel Natale in cui il ‘Viaggio al termine della notte’ veniva venduto come bestseller a Parigi. Sono trascorsi pochi giorni dalla pubblicazione di Andrea Colombo, ‘I maledetti’ (Lindau) in cui vi è Louis Ferdinad Céline tra gli scrittori coinvolti dal rapporto ingegno artistico e ideologia. Nel settembre scorso uno scienziato internazionale, Youssoufou Joseph Drabo, durante la cerimonia per la Lègion d’Honneur, ha citato il medico Céline; e qualcuno ha storto il muso. Ma la fontana céliniana è sempre aperta sui bordi delle strade occidentali. Scrittori e giornalisti non perdono occasione  per ascoltare l’acqua di Louis Ferdinad scrosciante sulla pietra. L’anno scorso una bella pubblicazione Quodlibet, ‘Lettera agli editori’, ci ha mostrato lo scrittore attraverso 219 lettere sincere e rabbiose inviate agli editori, i suoi amici-nemici.

I céliniani hanno un anniversario: ottanta anni dalla pubblicazione del pamphlet ‘Mea Culpa’. Il primo dei quattro libelli dello scandalo céliniano è una frustata elettrica. I ricercatori, che storicizzassero Céline, potrebbero ripartire da ‘Mea Culpa’. C’è da superare una certa critica che colloca lo scrittore di ‘Morte a Credito’ in un’aria di egocentrismo artistico. Torniamo pertanto alle pagine di ‘Mea Culpa.’ In queste ecco la sfiducia – attualissima – verso la politica. Ecco raccontato il paese, la Russia sovietica,  dei venditori di finte libertà, “Dove farsi vedere dalla parte del popolo… è come pescare un’assicurazione regalo.” 

Essere permeati di sensibilità céliniana,  cioè ricordare che in troppi si riempiono la bocca di moralità ma poi si imboscano per non faticare, piazzano le amanti negli uffici e poi sono pronti a parlar di diritti. Però, babbo Céline ricorda, “Parlare di morale mica ti impegna a niente. Ti fa solo fare bella figura, ti dissimula. Tutti i pezzi di merda sono capaci di fare la predica!”

La voce di ‘Mea Culpa’ proviene dalle massime di La Rochefoucauld – le virtù sono vizi camuffati! – e i portatori di logiche da massimi sistemi non raccontino la loro superiorità! Comunismo, Capitalismo, Liberalismo,.. ma forse è meglio il Cristianesimo, quello dei Padri della Chiesa – i Padri che “non si facevano illusioni!” -, quelli che consigliavano: Prega, lavora duro e l’anima potrai salvarla, chissà?!, e lo scrive, chiaro chiaro, nel 1937, Louis Ferdinand. Mentre, ora, c’è solo da gestire l’inquietudine della vita liquida e la felicità non è altro che “l’enorme impostatura, quella che complica la vita!, che rende la gente così velenosa, canaglia, insopportabile!”, la gente che va alla ricerca del software della felicità.

“E’ con le persone felici che si fanno i migliori danni” ovvero le persone che pedinano la società perfetta, come i comunisti di ‘Mea Culpa’, gente che sa tutto della giustizia sociale con la quale, però, riempiono la propria tasca, “Perché il bell’ingegnere guadagna 7000 rubli al mese? Parlo laggiù in Russia e la donna delle pulizie solo 50?”

Leggiamo Céline perché abbiamo errato ieri e sgonfiato le illusioni oggi  e “non lasceremo tranquillo più nessuno!..” e non troviamo narrazioni scritte con la vita e la post-modernità globalizzata è una schifezza e questa società è pura menzogna perché scrive regole e non fa nulla per rispettarle e i politici non sono altro che  “Tutta pancia e spocchia!”

Nei nostri giorni, in giro, ci sarebbe tanta spocchia per lo scrittore del ‘Voyage’. Spocchia da personaggi che pensano di riformare in venti mesi un paese.  Che spostano il proprio partito da Destra a Sinistra e viceversa. Che starebbero benissimo tra l’umanità illusa di un romanzo céliniano.

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Renato de Robertis

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