Cultura. Guerriero e madre, il duplice nella natura simbolica dell’Orso

 

La notizia è di pochi giorni fa. Quattro escursionisti romani hanno avuto un incontro inaspettato con un orso marsicano nella riserva naturale di Serra Sant’Onofrio, sui Monti Simbruini, a confine tra Lazio e Abruzzo. Gli avvistamenti ursidi nel Parco Nazionale d’Abruzzo, del Molise e del Lazio, così come nelle altre riserve appenniniche, sono sempre più frequenti. Dopo decenni di caccia indiscriminata, finalmente questo animale sta ripopolando il suo antico habitat. La tutela dell’orso parte dal recupero del suo patrimonio simbolico. La sua forza e la sua mole impressionarono l’uomo primitivo, le culture antiche e quelle moderne a tal punto da essere considerato un essere divino.

 

L’orso, animale guerriero e materno

Il simbolismo dell’orso si esplica in un elemento maschile, feroce e impavido, e in uno femminile, generativo e materno. Oggi, purtroppo, sopravvive solo nelle fiabe e nel costume popolare: pensiamo agli orsi di pezza che un tempo erano doni propiziatori di fertilità e di coraggio per i fanciulli. Le tribù siberiane erano solite allevare cuccioli di orso per poi ucciderli da adulti, cibandosi delle loro carni. In questo modo, mangiando il fegato e bevendone il sangue, il guerriero avrebbe assorbito il coraggio e la forza dell’animale. Presso i Sioux, invece, chi si votava al sacrificio in battaglia indossava una cintura d’orso, segno esteriore di potenza. Nella tradizione germanica i Berserkir erano guerrieri devoti ad Odino: prima di ogni battaglia, indossando pelli di orso (da qui il loro nome), entravano in uno stato di trance per divenire insensibili al dolore e per darsi totalmente alla lotta. Allo stesso modo in Grecia alcuni guerrieri danzavano per la dea Artemide Brauroria, imitando le movenze dell’animale: l’abilità venatoria della dea era accostata alla ferocia dell’orso.

 

L’orso nella tradizione cristiana

Nella tradizione cristiana l’orso assume un significato ambivalente, anche se, a differenza di altri animali (quali il cinghiale o il lupo), è poco presente nelle agiografie di santi e di uomini di Chiesa. Lo vediamo mansueto affianco a San Gallo mentre costruisce un’abbazia, portandogli il legname necessario. Nella storia di San Cerbano, invece, l’orso è un animale crudele che attenta alla sua vita per volere del re goto Totila. Il lupo era considerato un essere nefasto, mentre l’orso presenta una natura benigna e una maligna, costituendo un caso unico e eccezionale nel bestiario cristiano.

 

Un orso tra le stelle

Callisto era una bellissima ninfa al seguito di Diana, la dea della caccia e della selvaggina (la versione latina dell’Artemide greca). Tutte le sue ancelle dovevano per giuramento rimanere vergini, ma Zeus, innamoratosi di Callisto, la sedusse e la rese madre di Arcade. La dea la punì trasformandola in una grande orsa. Il giovane Arcade divenne un eccelso cacciatore e tentò più volte di uccidere Callisto, non riconoscendo nell’orsa sua madre. Zeus decise di salvarla dalle freccie assassine, portandola in cielo e trasformandola in una costellazione, l’Orsa Maggiore.

Simboli e miti fanno dell’orsa un animale molto presente nelle tradizioni occidentali. Solo riscoprendo questo patrimonio spirituale, sarà possibile comprendere il suo posto in natura, non temendolo più irrazionalmente.

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Alfredo Incollingo

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