Un giornale per soli aviatori? Certamente, negli Anni Venti gli appassionati del volo non possono contare sui mezzi tecnologici odierni, né su canali come YouTube dove godersi filmati in bianco e nero, in technicolor e in hd di bolidi alati passati e presenti.
E’ un altro mondo il 1925 nel quale la carta stampata, la radio e i cinegiornali sono gli unici strumenti per poter sognare, a occhi aperti, un duello nel cielo o di guardare dall’alto il paesaggio sterminato dell’Asia, magari in coppia con Arturo Ferrarin, pioniere che vola da Roma a Tokyo a bordo di un Ansaldo SVA 9.
Dunque, la Rivista è un ponte fra due mondi, quello militare e quello civile e si articola nel tempo come piattaforma di educazione e di confronto, segno tangibile dell’importante e indissolubile legame fra Aeronautica e informazione, rapporto che neanche la guerra recide poiché, nelle “due Italie del ’43”, periodici di carattere aeronautico continuano ad
essere stampati, pur nella difficile situazione materiale e organizzativa in cui versano le FFAA del Regno del Sud e della RSI. A Nord, ad esempio, il foglio assume il nome di AR Rivista dell’Ala Repubblicana ed è stampata in due numeri unici, 1944-1945. Duratura e non per casualità: il “padre” dell’aviazione moderna Italo Balbo è un fervente sostenitore dell’importanza dell’informazione e lo dimostra, in tempi non sospetti, con L’Alpino periodico che avrebbe contribuito a fondare da giovane tenente dell’8° Reggimento Alpini del Regio Esercito.
La Repubblica Italiana, l’Aeronautica Militare e il contesto, nuovo, della Guerra fredda vedono RA narrare di nuovo l’Arma Azzurra nell’ambito della NATO, evolvendosi sempre più in una rivista di carattere scientifico (così come lo è anche la Rivista di Meteorologia Aeronautica) che, ai ritrovati tecnologici non manca di affiancare ricerche storiche,