Aeronautica. “Sole e Acciaio”: Yukio Mishima e l’apologia dell’ F104

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Yukio Mishima

Il 5 dicembre fu una splendida giornata. Alla base H. vidi le scintillanti sagome argentee della squadriglia da combattimento degli aerei supersonici F 104, allineati sul campo di volo. Gli addetti al controllo si stavano occupando dello 016 che mi avrebbe ospitato” scrive Yukio Mishima in Sole e Acciaio (1969), ricordando il periodo in cui ha prestato servizio quale pilota caccia nella Kōkū Jieitai.

Lo scrittore e poeta nipponico è all’apice della carriera quando, forse in cerca di un equilibrio, di una completezza umana e d’animo, decide di arruolarsi nell’aviazione del Sol Levante. Una scelta che influisce sulla vita di Mishima, diventato a 25 anni pilota intercettore sui nuovi e potenti caccia Lockheed F104, perno della difesa aerea della NATO. Tecnologia (per i tempi) avanzatissima ma non solo: suggestione ed emozioni profonde:

Le due e mezza. Lo 016 si immise dolcemente nella pista di decollo, poi si arrestò per provare al massimo i motori. Traboccavo di felicità. La gioia di partire verso un mondo in cui non sarei stato importunato dagli affanni quotidiani e terrestri, di potermi separare completamente da essi in quell’attimo, non era paragonabile alle sensazioni della partenza di un aereo di linea, che si limita a trasportare un’esistenza borghese. Quanto intensamente avevo desiderato, quanto ardentemente avevo atteso questo istante! Alle mie spalle c’era quello che già conoscevo, di fronte a me l’ignoto: questo istante era simile a una sottilissima lametta da barba“.

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Marco Petrelli

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