Il caso. Perché il “Tramonto dell’Occidente” non sarà mai un libro fondante “a sinistra”

Oswald Spengler
Oswald Spengler

Ci provano e riprovano sempre ma falliscono. Sono i professori dalla penna rossa che vogliono correggere il pensiero di grandi autori per arruolarli a sinistra. Cominciarono negli anni Settanta con Nietzsche, Drieu La Rochelle, Céline, D’Annunzio, Jünger ecc. ma il loro falso revisionismo non ha mai convinto nessuno.

Ora, un docente di Filosofia teoretica dell’Ateneo catanese, Giuseppe Raciti, ha ripreso un vecchio e fallito progetto di Furio Jesi (in memoriam et promemoria…), per dimostrare che Spengler non era di destra, come lui stesso sosteneva, ma un socialista! E ora torna in libreria, in versione tutta sui generis, Il Tramonto dell’Occidente (Nino Aragno editore, vol. I, pagg. 677, euro 40,00). L’opera ha quasi 100 anni, la prima edizione italiana apparve nel 1957 da Longanesi con introduzione e traduzione di Julius Evola. La seconda nel 1978, sempre Longanesi, senza introduzione di Evola e con uno saggio di Furio Jesi. La traduzione di Evola fu ritoccata qui e là (operazione a dir poco biasimevole). Nel 2002, edizione Guanda, con la versione integrale ripristinata di Evola e un buon saggio di Stefano Zecchi. Ora, quarta edizione, di Aragno editore, tradotta, introdotta e curata da Giuseppe Raciti. Raciti, su quest’opera cardine di uno dei teorici della corrente culturale detta “Rivoluzione conservatrice”, ha rilasciato un’intervista a Bruno Ventavoli di Tuttolibri (n. 2053 del 17 giugno del 2017) in cui ha svelato i fini non proprio culturali della sua operazione. Ammette che i modelli per Spengler sono Goethe e Nietzsche.

La prima traduzione di Evola

Sulla traduzione di Evola sostiene che non è il caso di considerarla infedele, sarebbe “una falsa questione”: “il traduttore – spiega Raciti – può essere fedele solo alla propria interpretazione (sic). La traduzione di Evola è pionieristica, ha tracciato solchi importanti – ammette Raciti – e chi è venuto dopo non può che averne tratto profitto”. Grande apprezzamento, al quale aggiunge: “Con la mia traduzione ho sterzato ideologicamente la fruizione del testo. Volevo aprire un’altra prospettiva che non fosse destrorsa”. E’ una confessione. Al di là di quello che Spengler pensava, vale più “la nuova sterzata”.

Spengler non “destrorso”

Raciti corregge Spengler, intende cambiarne l’interpretazione, e Spengler che si richiamava al socialismo prussiano, che nella Rivoluzione conservatrice significava socialismo aristocratico, opposto alla democrazia individualista e con connotazioni sociali, militari e nazionali, conservatrici e con richiami al sangue. Spengler lo chiarisce in Il socialismo prussiano (All’Insegna del veltro ed.) e in Anni della decisione (Ed. Clinamen, pag. 171 e segg.) sottolineando che il socialismo prussiano non ha nulla a che fare con il socialismo marxista. A tal proposito è estremamente importante leggere Prussianesimo e socialismo e Il socialismo prussiano (ed. All’Insegna del Veltro) che forse il professor Raciti non ha tenuto presente altrimenti avrebbe messo in evidenza il fatto che per Spengler il socialismo aveva una valenza comunitaria, sociale e antimarxista. Raciti, insomma, intento a dare una “sterzata ideologica”, non tiene conto della lettura del socialismo che ne fa il pensatore tedesco le cui parole non lasciano adito a dubbi.

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Manlio Triggiani

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