In Europa ci siamo abituati. I periodi controversi della storia patria non sono mai stati volutamente consegnati alla storia, per fornire all’area comunista e post comunista un orwelliano Goldstein da tirare fuori a comando, per cercare di legittimare le porcherie del presente. Dunque mentre i giovani non hanno lavoro e i cinquantenni lo perdono, la coscienza si lava ogni tanto tirando fuori una spiaggia fascista o un ristorante con la faccia del Duce, per occupare le colonne dei giornali.
Negli Stati Uniti invece è in corso un salto di qualità, ciò che sta accadendo non ha precedenti. La strategia orwelliana, forse un po’ sorosiana, per mettere in difficoltà il presidente Trump e cercare di balcanizzare il paese dividendolo fra buoni e cattivi, sembra partita a orologeria. Personaggi come il generale Lee, patrimonio della cultura popolare e, grazie a libri e film, figure iconiche per tutto il mondo, sono sacrificati per via di una furia iconoclasta assurda, paragonabile ai roghi dei libri, alla distruzione delle chiese, al bombardamento dei Buddha da parte dei talebani. Le amministrazioni stanno rimuovendo nottetempo decine di statue, come dei ladri, per non farsi vedere dalla popolazione.
Eppure l’epopea confederata non è mai stata, per fare un esempio, alla stregua della RSI in Italia. I simboli sudisti erano e sono perfettamente mainstream. Ve lo ricordate il Generale Lee, la macchina dei cugini Duke in Hazard, con un enorme bandiera sudista sul tettuccio? Ora è davvero tutto finito? Basta uno schiocco di dita da parte dei padroni dei media per cancellare la cultura di un popolo?