Estat&racconti. L’Italia in treno: da Ovidio a Celestino V, viaggio a Sulmona

 

(foto di Andrea Di Gregorio)
(foto di Andrea Di Gregorio)

Nelle valli dell’Abruzzo più aspro e montano la modernità non ha vinto del tutto: le tradizioni millenarie ancora oggi sopravvivono tra le alte vette. Potrebbero sembrare parole altisonanti e retoriche, ma chi conosce l’Abruzzo sa bene che è una Terra di Mezzo tolkeniana, che resiste imperterrita al decadimento culturale e identitario della Penisola. Gli abruzzesi, testardi e passionali, non hanno ceduto facilmente alle lusinghe di una cinica modernità: non hanno svenduto la propria identità per conformarsi alla decadenza che li circonda. La Conca Peligna, che prende il nome dall’antico popolo italico, conserva ancora il suo fascino ambientale e umano. Sulmona, nel cuore della valle, è una città orgogliosa del proprio passato, fedele all’Aquila romana e a quella imperiale degli Svevi. Il suo cantore, Ovidio, la celebrò nei suoi meravigliosi versi, mentre santi e eremiti la elessero a locus amenus per contemplare Dio.

 

A bordo di un treno, a Sulmona

 

Oggi dalla stazione di Sulmona parte regolarmente un treno turistico che sfida le irti pendici dei monti abruzzesi fino a Carpinone, in provincia di Isernia. La linea ferroviaria si è guadagnata l’appellativo di Transiberiana d’Italia per le fredde altitudini che affronta. E’ suggestivo viaggiare su carrozze storiche tra i boschi del Parco Nazione d’Abruzzo, del Molise e del Lazio e i borghi che costellano il paesaggio. Venendo da Carpinone, si scende gradualmente verso valle e si intravede dal finestrino la città di Sulmona che si spande tra le pendici montane. Solo a bordo di un treno si può cogliere la bellezza del luogo.

 

(foto di Mattia Biasella)

Sulmona: Ovidio e Celestino V

 

Il poeta latino Ovidio, il più illustre cittadino di Sulmona, ci ha tramandato l’origine mitica della città, fondata da Sulmo, sodale di Enea. La fedeltà a Roma era ancestrale, un sodalizio risalente alla diaspora da Troia e all’approdo dell’eroe troiano nel Lazio. Nel mito c’è la storia di un municipio fedele a Roma, anche quando Annibale incuteva timore negli animi romani. Il condottiero cartaginese ricevette ampi consensi tra gli italici, ma Sulmona si rifiutò di accoglierlo. Ovidio cantò nei Tristia i suoi natali a Sulmona, nel 43 a.C.: “Sulmona è la mia patria, ricchissima di gelide acque, che dista nove volte dieci miglia da Roma.” Il poeta, che riscrisse il mito classico nelle Metamorfosi, celebrò la bellezza della sua terra negli Amores: “Sono a Sulmona, terzo dipartimento della campagna Peligna, piccola terra ma salubre per le acque che la irrigano […] nei campi peligni scorrono limpide acque […] Terra fertile di grano e molto più fertile di uve.” Sulmona e i suoi dintorni ispirarono Ovidio soprattutto negli anni dell’esilio a Timo, nell’ordiena Romania, e non perse occasione di manifestare l’amore per la sua città. Nel medioevo gli Svevi la resero grande e preziosa e l’imperatore Federico II in persona rese omaggio a questa antica città italiana. Sul Morrone, la cima più alta del massiccio della Majella, che sovrasta la città di Sulmona, vi trovarono per secoli rifugio santi e eremiti. I luoghi inaccessibili permettevano di immergersi in profondità nella contempazione di Dio. Questi uomini erano poveri e mistici e rigettavano l’istituzione e la Chiesa Cattolica, troppo compromessa con il potere. Il cristianesimo pauperista e “spirituale”, che si contrapponeva a quello istituzionale di Roma, si incarnava nei volti e nei gesti dei “Solitari della Majella”, i seguaci di un eremita che aveva trovato rifugio sul Morrone. Pietro Angelerio era venuto dal Molise in Abruzzo per allontanarsi da ogni mondanità. Alloggiò per anni sull’alto monte prima di essere letto papa il 5 luglio 1294. Con il nome di Celestino V tentò senza riuscirci di riformare la Chiesa Cattolica. Probabilmente, scosso dalla corruzione della Curia romana e nostalgico per il Morrone aspro e solitario, rinunciò al papato consegnandolo nelle mani di papa Bonifacio VIII.

 

Una partenza che è un inizio

 

A bordo del treno turistico si lascia Sulmona alla volta di Canzano, di Campo di Giove e degli altri borghi lungo la Transiberiana d’Italia. La città peligna incarna lo spirito testardo e genuino di genti che hanno conservato nel tempo la propria identità. Non si può scoprire la bellezza dell’Abruzzo se non partendo da Sulmona. Ogni partenza non è la fine di un viaggio, ma l’inizio di un’avventura alle origini delle millenarie tradizioni dell’Italia centrale.

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Alfredo Incollingo

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