Il caso Lione-Besiktas. Se una partita di calcio diventa anche il segnale della Jihad

Lo stadio di Lione dopo gli scontri sugli spalti causati dai tifosi turchi
Lo stadio di Lione dopo gli scontri sugli spalti causati dai tifosi turchi

E’ successo nello spazio di due giorni: due partite di calcio di Coppa turbate da attentati e aggressioni: a Dortmund, l’incontro fra Borussia e Monaco è stato fatto slittare di 24 ore a causa dell’esplosione di tre bombe nei pressi del bus della squadra locale, ferendo un poliziotto e un calciatore. Giovedì scorso, a Lione, l’incontro fra Lione e Besiktas è stato ritardato di 45 minuti a causa dei gravi incidenti accaduti all’interno dello stadio. Prima del calcio d’inizio, senza un motivo, senza che qualcosa potesse farlo supporre (anche se le forze di polizia avevano classificato la partita altamente pericolosa dal punto di vista dell’ordine pubblico) dagli spazi occupati dai ventimila (!) tifosi turchi è partita una pioggia di petardi e altri oggetti esplosivi. I tifosi del Lione sono fuggiti nel campo di calcio. Nel frattempo una minoranza dei tifosi turchi più facinorosi ha distrutto il negozio ufficiale di gadget del “Club Lyon” all’interno dello stadio e aggredito alcuni tifosi francesi. I giornali hanno parlato di uligani, di teppisti, di ultrà di entrambe le tifoserie, senza entrare troppo nel merito.

Resta da domandarsi: i teppisti turchi provenivano tutti dalla Turchia o molti di loro dalla stessa Francia? E in più, piccolo dubbio: ma perché la Turchia, Paese asiatico, partecipa a un torneo di coppa europeo?

Adesso si vota in Turchia per dare a Erdogan maggior potere rispetto al passato: si tratta di pieni poteri… Non dimentichiamo gli inviti che Erdogan ha più volte rivolto ai turchi che vivono in Europa. E le frasi rivolte all’Europa: “Se continuate a comportarvi così, nessun europeo e nessun occidentale potrà fare un passo in sicurezza, con serenità in strada, in nessuna parte del mondo”. Non solo: più volte ha sollecitato i turchi che vivono in Europa a vivere nei Paesi di accoglienza senza mai assimilarsi, ha invitato ogni coppia a fare cinque figli per diventare “il futuro dell’Europa” e utilzzare la doppia nazionalità per poter pesare, con i propri voti, sulla politica dei Paesi che li ospitano. In un’occasione citò pubblicamente i versi del poeta Ziya Gökalp: ”Le moschee sono le nostre caserme, le cupole i nostri elmetti, i minareti le nostre baionette e i fedeli i nostri soldati”.

La violenza di giovedì sera a Lione fa pensare a un atteggiamento antieuropeo di massa, non di una semplice piccola minoranza di ultrà, piuttosto a qualcosa di organizzato. Anche se ovviamente non tutti i musulmani sono jihadisti e non tutti i turchi o gli islamici sono nemici dichiarati. Sia chiaro. Forse è esagerato pensare a una violenza jihadista, ma di certo un momento per affermare che i francesi (ma questo vale per tutti gli europei) non possono “fare un passo in sicurezza, con serenità in strada, in nessuna parte del mondo”, neppure in casa propria. Un atteggiamento per intimorire, per impaurire, per affermare psicologicamente la propria presenza in un Paese che sta per diventare, nello spazio di qualche generazione, turco o musulmano o più in generale islamico. E’ un insegnamento, una politica da esprimere in varie forme, innanzitutto con la “islamizzazione democratica”: chiedere il diritto d’asilo, ottenere luoghi di raccolta, poi il permesso di costruire moschee, aprire negozi halal, cambiare lentamente il panorama di interi quartieri, portare avanti la battaglia del velo, per poi introdurre, questo meno democraticamente, i tribunali della sharia (come già accade in Gran Bretagna e in Francia), tanto per soppiantare il diritto europeo. Sempre meno democraticamente, rispondere ad arresti o alla repressione di manifestazioni non autorizzate con rivolte nei quartieri periferici, con quello che costa in atti di vandalismo, ferimenti, negozi distrutti, auto incendiate ecc. Per non parlare dell’oggi, nel cuore d’Europa, con gli attentati e gli omicidi. Non tutti i passaggi sono collegati l’uno all’altro ma di certo è quello che sta accadendo in Europa. Lo scopo è di restaurare il Grande Califfato islamico? Anche una semplice partita di calcio può lanciare un messaggio a tutti gli islamici che vivono in Europa e – in senso opposto – anche agli europei?

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Manlio Triggiani

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