La mostra. Costruire il Novecento. Quando la pittura europea parlava italiano

Il manifesto della mostra a Bologna
Il manifesto della mostra a Bologna

La bellezza italiana novecentesca è un vasto racconto di intuizioni figurative straordinarie. E un racconto, creato in diversi decenni, è quello di Augusto e Francesca Giovanardi, i quali, con la loro collezione, in mostra a Bologna, dal 24 febbraio al 25 giugno, Palazzo Fava, costituirono  la perfetta galleria italiana del Novecento. Ecco i maestri che rivoluzionarono il linguaggio, Carrà, de Pisis, Sironi, Campigli; poi i pittori degli anni Trenta, i paesaggisti nostalgici, Rosai, Maffai, Tosi, Semeghini. Intelligente appare la prima sezione delle tre che compongono l’esposizione, cioè la sezione dedicata a Morandi e Licini, due pittori, legati a Bologna, che tentarono la fuga artistica o nel silenzio assoluto degli oggetti, Morandi, o in una realtà surreale, Licini.

Oggi affascina tanto la selezione composta dai Giovanardi come se, in un istinto didattico, i due coniugi avessero scattato una fotografia enorme del percorso dell’arte in un secolo. Un istinto didattico grazie al quale questi collezionisti crearono uno sguardo su una civiltà rappresentata dalle figure etrusche di Campigli, dalla romanità sofferente di Maffai, dai paesaggi toscani di Rosai. Si esce pertanto dal meraviglioso Palazzo Fava con la sensazione di aver incontrato un sistema unico di linguaggi, di simboli, di visioni  che nacquero nella penisola.

In questi giorni, la critica scrive che la collezione Giovanardi – consegnata alla mostra ‘Costruire il novecento. Quando la pittura europea parlava italiano’ – indica quasi una “costruzione unitaria” del secolo scorso; il che è complesso ma condivisibile; giacché, ogni operazione conoscitiva, che apra una discussione su un’idea unitaria del Novecento, sarebbe infondo corretta in quanto farebbe i conti con gli artisti italiani che guardarono dentro la Modernità o per consenso o  per dissenso.

Qui tutti i mondi pittorici messi insieme – il mondo ipnotico di Morandi, quello frantumato di de Pisis o quello primitivo di  Carrà – dicono che l’Italia, nella prima parte del Novecento, creava linguaggi, generava miti; e in ciò vi è il senso di una civiltà. Piace che sia Bologna ad ospitare la collezione Giovanardi, a ricordare tout court la creatività italiana. Bologna, città che auspicò l’emancipazione culturale della penisola, che più volte riscoprì l’orgoglio classicistico, che accese le rivolte del Novecento, dell’infinito Novecento italiano.  

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Renato de Robertis

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