La provocazione. Dichiariamo sovranista il nostro Ugo Foscolo?

Ugo Foscolo
Ugo Foscolo

Intellettuali, gente strana! Tutti schierati e vanitosi. Tutti in difesa della propria parrocchia. Ad ogni costo. E lo sapeva bene Ugo Foscolo quando descriveva la miseria italiana. Quando raccontava la desolazione degli intellettuali del belpaese, gente pronta  alle “calunnie, concussioni, adulteri, spie discordie, avarizie, stoltezze,..”  Questo il biasimo foscoliano per il ceto dirigente di quel tempo. Un rimprovero per un’intellighenzia familista e bugiarda. Piace così tornare alla letteratura foscoliana, dopo una lezione in aula, per riascoltare una voce pura, nazionale, sopra le parti.

E per eccesso, diciamola, siam tutti foscoliani. Nelle nostre piccole vicende ci siamo infatuati o del Berlusconi/Napoleone o dell’ Europa unificata. In più, con i trattati europeisti… alla Campoformio, abbiamo svenduto moneta e sovranità.  Ma non esageriamo! Son questi parallelismi storici forzati. E lasciamo riposare il grande poeta nella basilica di Santa Croce. Tuttavia, nelle ‘Ultime lettere di Jacopo Ortis’, è interessante rileggere le frecciate romantiche  contro un’Europa considerata ingiusta, “Giudicherete l’Europa vivente, e la vostra sentenza illuminerà le genti a venire.” Quindi, da una parte, c’era una volta… un continente che aveva dimenticato i popoli; dall’altra, c’era Ugo Foscolo, un italiano senza padroni, un ribelle che scrisse sull’infelice destino europeo.  Nell’opera foscoliana, ricordiamolo ora, vive il contrasto tra l’individuo e la società ufficiale, quella dei vincitori, quella dei giornali austriaci bacchettoni, per i quali il poeta non volle scrivere; per questo infine non fece il salto sul carro dei vincitori.

Foscolo fu scrittore prediletto dai patrioti e il suo Ortis fu ammirato in molte nazioni. E questo rapporto tra lo scrittore e l’Europa è un motivo per incontrare il poeta che contestava i super Stati o i ministri austriaci internazionalisti di “feroce stoltezza.” Ritorna così tanto affascinante l’opera foscoliana “Della servitù dell’Italia” che indica un conflitto tra  il cittadino e le istituzione; quasi quasi per un populismo ante litteram.

Si sa, dal continente europeo Foscolo fuggì nel 1816. Destinazione  Londra. Per decenza egli abbandonò tutto e tutti, spernacchiando il potere. Non poteva mica rimanere  sotto i nuovi padroni, quelli dei congressi internazionali, delle sante alleanze che con impeto regolamentavano e mettevano le mani ovunque; ieri come oggi. Fatte le opportune proporzioni. Senza fa arricciare il naso agli storici. Sono trascorsi duecento anni ma le analogie qui sono curiose; allora, scusate, che si fa, dichiariamo sovranista il nostro Ugo Foscolo?

Fuor di battuta. L’Ottocento è un altro pianeta. Questo Foscolo però ricorda un’intellettualità che non volle prescindere da una riflessione sulle patrie d’Europa. Comunque. Per i docenti di Lettere è sempre bello tener lezione sul poeta che faceva a cazzotti con  l’ancien régime; per non concludere poi, cari professori, con i sublimi versi, un po’ rassegnati, “… dorme/ quello spirto guerrier ch’entro mi rugge” e per dar una scossa sovranista… alle sonnolenti aule scolastiche.

@babradilloit

Renato de Robertis

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