Il caso. La crisi taglia (anche) gli abiti alla moda per le prime al Regio o alla Scala

I palchi del Teatro alla Scala di Milano

Nei teatri lirici, da Parma a Milano, la crisi s’intreccia alle note. La Cultura cerca di rimediare. E da parte dei Vip perle (anche) d’ignoranza

La crisi è palpabile anche passando di fronte al Teatro Regio, all’uscita della prima verdiana: c’è odore di formaldeide. Vestiti ben conservati – in naftalina – che inondano l’aurea Parma del rosso anni ottanta, del ruggente e fuggito passato in cui si poteva ancora vantare potere d’acquisto. I soldi ci sono, per acquistare il biglietto per il senz’altro bellissimo e meritevole festival verdi, ma non per i vestiti nuovi. Meglio così, certamente, la cultura batte la moda. Eppure anche la crisi batte, forte. Così per i melomani, così per i rappresentanti del loro status sociale, che però di lirica non se ne intendono.

La prima al Regio di Parma

Mai come al Teatro Regio, la divaricazione sociale è così ben visibile: attenzione però, è qualcosa di più sottile della dialettica ricchi/poveri. Dunque. Il Regio è il quarto teatro più grande d’Italia, tempio neoclassico e dorato, culla della lirica ottocentesca, inaugurato nel 1829, per volere della Duchessa Maria Luigia. Alla prima della stagione dell’Opera, gli appassionati venivano – in treno – da tutta la Lombardia, la Romagna, il Piemonte e persino dalla Liguria. Venire acclamati dai loggionisti del Regio, popolani critici spietati, per gli artisti, significava successo assicurato.

Oggi del blasone classe 1829, il Regio conserva al suo interno ringhiere scrostate e scale in mattoni curve per il peso di quasi due secoli. Urge manutenzione, eppure, l’unica presenza certa, è quella delle nomine su nomine del personale – non certo previa concorso meritocratico – con il quale il teatro si è reso nuovamente noto – in modo non certo ugualmente onorevole – all’Italia. E per sostegno al magnifico teatro si fanno eventi lirici ove i prezzi sono ridotti. Eventi nei quali la dialettica sociologica si presenta così: appassionati/ricchi. Piena la platea, vuoti i palchi, pieno il loggione. Tradotto: cospicua presenza di capitalismo, assenza quasi totale di alta borghesia, rilevante presenza di media borghesia dotta. L’ingresso, per quest’ultima categoria, che pure sarebbe la più onorevole, è a parte, su per una scalinata che la separi dalla “nobiltà”… E poi il Palco Reale. Oggi occupato da ignoti magnati ben accolti nell’orbita gravitante del loro potere.  Eppure quel Palco, vuoto, resterà, per i cuori del parmigiani, perennemente riservato alla buona e amata duchessa Maria Luigia. 

La prima a Milano

Questa sera si terrà la Prima della Scala di Milano. Esattamente un anno fa, alla prima della medioevaleggiante e patriottica Giovanna d’Arco di Verdi, il 7 dicembre 2015, Il premier Renzi si affacciava dal Palco Reale (lo stesso sul quale si erano assisi l’imperatrice Sissi e l’imperatore Francesco Giuseppe (del quale proprio quest’anno la nostalgica Austria celebra il centenario dalla morte)) con il suo ghigno trionfante. La paziente consorte Agnese ritta alla destra del Premier. E lui, che salutava il pubblico. Un po’ come a dire “So’ io, il fiorentino che vi comanda”. Bene. Oggi, un anno dopo, il 7 dicembre 2016, è fresco di dimissioni. Chissà se sul far della sera, quando le ombre argentee avvolgeranno l’imperiale teatro – secondo più grande d’Italia – e la marmorea Milano nel loro abbraccio d’oblio notturno, quando la Prima della Scala s’aprirà nell’atmosfera dell’estremo oriente della Madame Butterfly di Puccini, il decaduto sarà ancora lì, senza il suo Sì. Oppure No, non ci sarà.

Le gaffe dei vip

Andiamo ancora indietro di due anni or sono, nel dicembre 2014. Il Fidelio di Beethoven s’era aperto con la protesta dei centri sociali, che avevano accolto con tiro di uova e fumogeni la nobiltà germanofona avvolta in fruscianti boa fluo. I giornalisti non sapevano a cosa riservare l’apertura. Teledocumentare le costose mise della kermesse, o i pruriginosi leoncavallini? Allora optarono per le domande di cultura. Quella si sa, fa far sempre bella figura. Incrociano Valeria Marini e le chiedono di commentare il Fidelio. “Bellissimo” risponde, plasticamente. “il quarto atto mi è piaciuto più del primo”. Peccato che il Fidelio sia in due atti…

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Chantal Fantuzzi

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