Cultura. Monete romane in Giappone? Icone di un antico dialogo tra civiltà

Monete romane ritrovate  nelle rovine del Castello di Katsuren, a Uruma nell'isola Okinawa, a circa 9.000 chiloletri dalla Città eterna
Monete romane ritrovate nelle rovine del Castello di Katsuren, a Uruma nell’isola Okinawa, a circa 9.000 chiloletri dalla Città eterna

Archeologi hanno scoperto nel lontano Giappone antiche monete romane risalenti a circa 1700 anni fa. Il commento di Riccardo Rosati

Fu una spedizione disastrosa quella che nel XIII secolo Kublai Khan aveva inviato alla conquista del Giappone, oggetto per ben due volte delle mire espansionistiche della Cina Mongola (1274 e 1281), con l’ultimo tentativo che vide la flotta nemica annientata da quel “Vento Divino”, passato alla storia come Kamikaze (神風). Da qualche anno un team di archeologi subacquei giapponesi e italiani sta indagando, con buoni esiti, sui resti delle navi che tentarono inutilmente di assoggettare una terra che, sino allo scempio atomico per mano americana, era considerata dagli stessi nipponici come sacra e inviolabile. Nelle acque a largo dell’isola di Takashima (Kyūshū), si sta scavando per far riemergere i resti delle navi di quel Khan che aveva come confidente e interlocutore privilegiato il nostro Marco Polo.

L’Oriente in Occidente è italiano, questo concetto che ribadiamo da anni, malgrado le tante bugie dell’Accademia straniera, con la supina accettazione della maggior parte dei nostri studiosi, porta con sé tracce incontestabili. Le si trovano facilmente, è sufficiente un po’ di curiosità scientifica e onestà intellettuale, nei nostri musei, come anche nell’enorme contributo dato nei secoli alla orientalistica da numerosi italiani. Qualcosa ci lega saldamente da tempo immemore a quel lontano e meraviglioso continente. A conferma di ciò, ecco arrivare un’altra notizia forse inaspettata, ma non sorprendente. È recente la scoperta di evidenze archeologiche sull’antico commercio dei Romani col Giappone. Si sa che Roma arrivò quasi ovunque nel mondo allora conosciuto, sino all’India, per non parlare della “legione scomparsa” in terra cinese, ma qui si rischia di fare Fantarcheologia, e noi, per quanto teniamo in affetto i suoi scritti, non siamo Peter Kolosimo.

Dunque, ci limitiamo a riportare l’annuncio che sono state ritrovate delle  monete imperiali romane (insieme ad alcune anche ottomane) tra le rovine del Castello di Katsuren, nella città di Uruma (Okinawa). Si ritiene che siano state portate in Giappone da dei commercianti cinesi, e ci sembra, questa, una tesi abbastanza plausibile.

“Ero stato in altri scavi in Egitto e Italia e ho riconosciuto le monete romane immediatamente”, ha detto l’autore della scoperta, Toshio Tsukamoto. I reperti sono stati sottoposti ai Raggi X, per decifrarne le iscrizioni, ed è risultato che, mentre le monete ottomane risalivano al 1687, quelle romane erano assai più antiche: tra il terzo e il quarto secolo dopo Cristo, a cavallo tra i regni degli Imperatori Diocleziano e Costantino.

Per ora, altro non si può certo aggiungere, attendiamo con impazienza gli esisti delle ricerche da parte degli archeologi. Purtuttavia, possiamo fare una sintetica riflessione sui simboli, quelli che proprio Roma portò in giro un po’ ovunque, quale segno di civiltà. La Lupa Capitolina è un qualcosa di sorpassato per i benpensanti del progresso; del Fascio Littorio manco a dirlo, però il tanto adorato, dalla sinistra, Napoleone lo usava. Eppure, quel collegamento con Roma – e va da sé, pure con la Civiltà Italiana – ai sudditi del Sol Levante riempie di un fremito impetuoso. Una moneta raffigurante un Imperatore Romano lì, nella remota Asia, ha tuttora un significato unico, ricordo di un momento irripetibile nella storia della Umanità. L’Occidente era Roma, la quale portò i suoi simboli fino alla antica Cina, con una legione smarrita forse no, ma più probabilmente grazie a dei mercanti mediorientali, che con le monete con effigiata la Lupa acquistavano e riportavano le preziose sete amatissime dalle patrizie romane. Adesso, noi quei simboli non li riconosciamo, incapaci come siamo di capire da dove veniamo. Rincorriamo i “nuovi venuti” che, persino dopo più di una generazione, guardano un arco romano e pensano, se va bene: “Boh!”. Per converso, per quanto possa sembrare strano, un archeologo giapponese che trova una moneta romana magari riflette e si chiede: “Ma sin dove sono arrivati questi qui?”. Dove non lo si può dire con esattezza, ma lontano di sicuro. Talvolta, con le legioni, fermate a Oriente dall’Impero dei Parti, altre con delle monete, che non erano come oggi vil danaro, bensì un simbolo di altro, di una Civiltà!

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Riccardo Rosati

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