Mostre. Mimmo Paladino, oltre il tempo dell’effimero e della plastica

mimmo paladinoDue grandi statue di tufo nobili e misteriose. A Bari. Nel museo archeologico di Santa Scolastica. In mostra sino al 30 settembre. Sono ‘Le sentinelle della Duchessa. I Testimoni’ di Mimmo Palladino. Cioè due sculture che sanno raccontare il silenzio dentro un nobile bastione aragonese. In più. A Milano, nel Museo del Novecento, l’esposizione ‘Disegnare le parole. Mimmo Paladino tra arte e letteratura’ sino al 4 settembre. Qui quasi centocinquanta opere compiono un’operazione felicissima: dialogano con la tradizione letteraria, ritraggono il fuoco dell’inferno dantesco o schizzano i profili perduti di Don Chisciotte; si alza così un turbinio incessante di immagini letterarie, di tecniche pittoriche e personaggi  ritrovati nelle narrazioni di Paladino. Ma non basta. Sempre a Milano. ‘Mimmo Paladino’ nella due sedi della Galleria Stein, sino al giorno 8 ottobre. In queste due notevoli vetrine milanesi ecco le sue sculture in bronzo abbracciate dalla tensione dei dipinti del maestro beneventano.

Insomma. Se oggi c’è un artista, che gode di una visibilità intensa in Italia, quello è Mimmo Palladino. E se c’è un creatore di linguaggi, punto di riferimento per una cultura non conformista, bene, quel creatore è Mimmo Paladino.  E tale conclusione sia consentita per ritrovare affinità artistiche o per rammentare la rilevanza di una cultura che tiene insieme Stefano Zecchi, Giuseppe Conte e Mimmo Paladino. Abbiamo pure negli occhi il recente libro di versi di Giuseppe Conte (‘Poesie 1983 – 2015’, Mondadori) con la copertina ideata proprio da Paladino, un’immagine infiammata con i mitici profili di uomini antichi che ripetono espressioni simboliche, orgogli, passioni mai morte.

Dopo aver visitato le mostre milanesi della Galleria Christian Stein, curate da Edoardo Cicelyn, non si dimentica facilmente il cavallo in bronzo, teso sul pavimento, che non cavalca più con gli uomini ma sembra attendere qualcosa. Oggi più che mai, in questa storica espressività totemica, interpretiamo l’attesa e il rumore delle sconfitte, un rumore che leggiamo anche in ‘Apocalisse ventosa’, un’opera in cui il racconto pittorico è un’esplosione che accumula segni esplosi, geometrie, macchie e profili dimenticati.

Da sempre siamo legati al discorso figurativo di Paladino in quanto esso indica un’indipendenza da ogni tipo di statuto artistico. Per lui l’unico paradigma assumibile è quello del passato, nel quale muoversi con il nomadismo della Transavanguardia, ossia con la sua ricerca che, da decenni, continua a raffigurare il mito e la natura.  Attraverso queste mostre sul territorio nazionale, il magistero artistico di Mimmo Paladino consegna alle generazioni una forza estetica  in cui la forma-arte sopravvive intatta e la sua simbolicità si contrappone tout-court al tempo dell’effimero e della plastica.

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Renato de Robertis

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