Mostre. “Bushi: Ninja e Samurai” e il sense of wonder per gli europei

Il manifesto della Mostra a Torino
Il manifesto della Mostra a Torino

Li abbiamo conosciuti nei fumetti, nei cartoni animati, sono i leggendari guerrieri giapponesi protagonisti della nuova mostra al Museo d’Arte Orientale (MAO) di Torino fino al 29 maggio. Quella che è – crediamo di non essere i soli a pensarlo – una delle più preziose raccolte di arte asiatica in Occidente, tramite anche la collaborazione con l’associazione Yoshin Ryu nell’ambito del 150° anniversario dei rapporti diplomatici tra Italia e Giappone, propone: Bushi: Ninja e Samurai – La Magia e l’Estetica del Guerriero Giapponese dal Manga, alle Guerre Stellari.

Un evento che stimola un interesse in fondo che non può stupire, giacché  l’epoca dei samurai ha riguardato più di sette secoli e la loro storia è compenetrata in quella stessa del Giappone. Un Paese, che lo si creda o meno, davvero molto amato in Italia, e possiamo sostenere che la cosa è alla fine reciproca. Le impareggiabili raccolte di armi e armature giapponesi conservate nei musei italiani, pensiamo al Museo Orientale di Venezia e allo Stibbert di Firenze, forniscono un eccezionale campionario di varietà, raffinatezza ed efficacia dell’estetica tutta nipponica nella produzione bellica e nella cultura connessa alla “Via del Guerriero” o Bushidō. Questa mostra propone un percorso a ritroso nella storia che vede l’attuale presenza di samurai e ninja nell’immaginario collettivo, non solo del Sol Levante, partendo dai fumetti e dai cartoni animati, per estendersi fino alla saga di Star Wars e ai supereroi della Marvel. A proposito della opera di George Lucas, sembra strano da dire, poiché che sta davvero sotto gli occhi tutti, eppure il mitico casco di Darth Vader altro non è che una intelligentissima rivisitazione in chiave futuristica dell’elmo dei samurai: il kabuto (兜). Siffatti, talvolta strambi, collegamenti rappresentano i rivoli che connotano questa mostra, la quale oscilla tra Arte e pop: con action figure, manga, disegni, cels, art book, nonché foto originali del Giappone degli Otaku, quei fan maniacali e assai inquietanti che hanno caratterizzato buona parte della contemporaneità dell’Arcipelago.

Non vorremmo sembrare eccessivamente pignoli, ma è necessario stigmatizzare una piccola confusione nel titolo della mostra, giacché “bushi” è, per farla molto breve, un modo un po’ più aulico e letterario per indicare un “samurai”. Ciò malgrado, essendo una manifestazione sostanzialmente pensata per un pubblico di giovanissimi, celebrando la cultura pop nipponica, questa ridondanza nel titolo nulla toglie alla suggestione fornita dagli oggetti esposti.

Però, non è solo un evento ludico di cui stiamo parlando. Pensiamo, ad esempio, ai “robottoni” resi celebri da Gō Nagai. Questi usano armi tradizionali: la katana e la yari (槍), la lancia dei samurai. I giocattoli in mostra ne sono una riprova. Dunque, trattasi pure di una occasione per ripensare la cultura contemporanea del Sol Levante, in una chiave sin troppo spesso ignorata dall’Accademia nostrana. Che dire poi dello stupendo manga La leggenda di Kamui, pubblicato per la prima volta nel 1964. Le drammatiche vicende di questo giovane ninja e il senso di ribellione contro la società che pervade il fumetto lasciano in parte trapelare le convinzioni marxiste del suo autore, Sanpei Shirato. Questa seminale opera divenne molto conosciuta negli anni ’80 anche in Italia, grazie alla sua versione animata. Malgrado gli anni trascorsi, sia il manga che l’anime si attestano ancora come tra i migliori mai apparsi nel panorama di questo particolare filone narrativo: il chanbara.

La mostra BUSHI – Ninja e Samurai si ricollega in qualche modo a quella di due anni fa di Treviso, presso la Casa dei Carraresi, dal titolo intrigante: Giappone: dai Samurai a Mazinga. In essa si sono illustrati alcuni degli aspetti più affascinanti della cultura giapponese, attraverso l’esposizione di oggetti databili tra il XVII e il XX secolo, reperiti in musei e collezioni private italiani.

Va comunque detto che niente rimane uguale quando entra in contatto con la cultura di questo Paese, qualsiasi cosa non viene banalmente copiata, bensì “giapponesizzata”; infatti, alcuni studiosi definiscono quella dell’Arcipelago una “cultura mista” (konsei bunka), cioè non passiva ricettrice delle mode e dei costumi stranieri, ma capace per converso di rielaborare qualsiasi elemento culturale, dalla religione, alla letteratura, per adattarlo alle proprie esigenze.

Dal Giappone, sin dalla seconda metà del XIX secolo, sono giunte opere d’arte, ma anche innumerevoli chincaglierie, esotici bibelot per arredare i salotti di aristocratici e ricchi. La mostra in questione offre entrambi questi aspetti, dando per giunta la possibilità di ammirare gli autentici capolavori della collezione permanente del MAO, come la statua di Kannon (prima metà del XIV secolo) in legno e rame dorati, per non parlare del celebre Kongōrikishi (Periodo Kamakura, seconda metà XIII sec.) in legno di cipresso giapponese dipinto, forse la più bella opera d’arte giapponese custodita all’estero e sta in Italia, non dimentichiamocelo, sperando che un giorno cessi finalmente la esterofilia che caratterizza il nostro Popolo.

Tornando invece alla mostra, va ricordato che esiste un legame abbastanza diretto tra i robot giocattolo prodotti in Giappone nel Secondo Dopoguerra e la figura dei samurai. Quindi, i giocattoli in mostra possono essere “letti” anche in questa ottica: una versione tecnologica del guerriero del Sol Levante. Inoltre, forse non molti sanno che in Giappone esiste una antica arte nel creare degli automi, sofisticate bambole meccanizzate chiamate karakuri ningyō; il passo allora è breve nel vedere in Gundam & Co. niente altro che la continuazione di una ben precisa Tradizione militare.

Bushi: Ninja e Samurai presenta delle belle collezioni di giocattoli nipponici, come quella Modina, una delle più importanti a livello internazionale; tanto che ci viene in mente una idea affascinante: in Italia ci sono le maggiori raccolte di giocattoli al mondo, perlopiù in musei privati, allora perché non crearne pure uno sul giocattolo giapponese?

Le conclusioni

In conclusione, riteniamo importante, come nel caso di questa esposizione, riflettere su quanto la cultura pop nipponica abbia cambiato il nostro senso del meraviglioso e della fantasia, quello che dal punto di vista critico si chiama sense of wonder. Ci congediamo allora con le parole di uno dei miti assoluti di quell’immaginario collettivo che è protagonista proprio nella mostra di Torino. Ci riferiamo al venerabile Maestro Yoda, quando si rivolge sghignazzando al suo giovane padawan Luke Skywalker:

“Guerra non fa nessuno grande”.

Sicuramente quei valori guerrieri che dai samurai sono stati mutuati nei manga e negli anime, tra questi principalmente il non arrendersi di fronte a ogni sorta di difficoltà, potrebbero tornare utili anche al giorno d’oggi. Valori da noi fin troppo spesso ridicolizzati, ed è solamente per merito della cultura giapponese che sono sopravvissuti pure in Occidente. La generazione del ’70 questo lo sa bene, cresciuta insieme alle avventure di Actarus e Haran Banjo, ma anche con le risate e i sentimenti delle opere immortali di Rumiko Takahashi. Ai giovani lasciamo perciò l’aspetto ludico dei fumetti e cartoni; noi invece ci soffermiamo solo un secondo, quanto basta prima di ripartire nella “dromocrazia” di cui parlò Paul Virilio, ricordando una epoca che era assai più bella. Passatisti e retrogradi? Va bene, ci teniamo gelosamente queste brutte “malattie”.

@barbadilloit

Riccardo Rosati

Riccardo Rosati su Barbadillo.it

Exit mobile version