Effemeridi. Ferruccio Burco genio della musica e militante di Giovane Europa

13096174_979247695463292_5734127736581499115_n
Ferruccio Burco

27 aprile 1965. Una “effemeride” particolare. Come ogni anno in questa data ricordo un uomo con il quale ormai tanti decenni fa, assieme ad altri, condividemmo il sogno di un’Europa che niente aveva a che fare con quella dei mercanti. E’ la data della morte del musicista Ferruccio Burco, militante di Jeune Europe, che rimase ucciso a soli 26 anni in un “incidente” automobilistico ad Ostuni (Brindisi).
Nato a Milano in una famiglia di origini venete, il padre era pittore e la madre cantante; era pronipote di Vincenzo Bellini nella linea discendente dalla mamma.
I genitori portavano il piccolo Ferruccio alla stagione operistica della Scala ma che avesse delle doti musicali se ne accorse per primo il maestro di canto della madre quando si trovò a dover rispondere ad un bimbo di soli 4 anni che metteva in dubbio la sua bravura. Si scoprì così che Ferruccio aveva una dote e la famiglia Burco si trovò un enfant prodige in casa.
Alcuni musicisti, amici di famiglia, convinsero i genitori e nell’aprile 1943 Ferruccio Burco, a 4 anni, diresse il suo primo concerto in un teatro di Bergamo strappando applausi a non finire. Un mese dopo replicò il concerto nel teatro comunale di Fiume, ma quella volta dirigendo un’orchestra composta da sessanta concertisti. Incredibile, quel soldo di cacio dirigeva con fenomenale perfezione tecnica.
Nonostante la guerra, i bombardamenti e le difficoltà degli spostamenti, diresse orchestre a Torino, a Vercelli, al Teatro Duse di Bergamo, alla Pergola di Firenze, al Giglio di Lucca, al Verdi di Padova, al Lirico di Milano, sempre davanti ad un pubblico entusiasta.
Finita la guerra, a 6 anni, iniziò tournée all’estero. A 8 anni i critici musicali iniziavano a chiedersi: “Un mostro, un genio? Ci aiuti Iddio a definirlo!”.
Ormai se lo disputavano i maggiori teatri italiani. Fu anche protagonista di due film.
Nel 1947 affrontò il pubblico dell’Arena di Verona, del San Carlo di Napoli, del Regio di Parma e del Teatro dell’Opera di Roma.
Nello stesso anno, in udienza privata, discusse di musica con Pio XII. Concluse l’anno dirigendo un concerto allo Châtelet di Parigi davanti a 72 direttori d’orchestra entusiasti e al Nunzio Apostolico a Parigi, Angelo Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII. Sui giornali era definito “il nuovo Mozart” ma il piccolo Ferruccio rispondeva: “Mozart era Mozart, Burco vuole restare Burco”.
L’anno successivo tenne concerti in Svizzera, ancora a Parigi, in Inghilterra, in Egitto alla presenza della famiglia reale, alla Carnegie Hall di New York (dirigendo l’Orchestra Filarmonica di 80 elementi).
Fu l’inizio di una tournée nei maggiori teatri americani davanti a folle ed autorità. Nel suo repertorio: Beethoven, Chopin, Rossini, Verdi, Wagner …
Arturo Toscanini commosso, lo salutò con un affettuoso: “Caro collega”. Il compositore svizzero Arthur Honegger lo citò ad esempio ai suoi allievi; Victor de Sabata si lasciò andare all’affermazione: “Possiamo andarci a nascondere….”. Sempre in quel magico 1947 a Livorno diresse un’opera intera, la “Cavalleria Rusticana” di Mascagni. Il Presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi lo prese in collo e affettuosamente gli disse: “Caro Burco, continua a fare onore all’Italia”.
Nel novembre 1950, dopo continui trionfi a New York, a Chicago, a San Francisco, in Brasile, in Messico, tenne un concerto a Cuba, nella piazza del Capitolio dell’Avana, dirigendo tre orchestre riunite (300 professori) davanti a una folla di 60.000 spettatori.
La sua vita fu complicata dagli studi che seguì privatamente, compreso l’apprendimento di varie lingue.
All’apice del successo decise di fermarsi per compiere studi regolari, entrando per sei anni al Conservatorio di Milano, nel quale si diplomò nel 1960. Contemporaneamente iniziò a sentire pulsioni ideali e di impegno civile.
Nel 1961 riprese a dirigere in Europa e negli Stati Uniti e programmò la realizzazione di una sorta di Carro di Tespi finalizzato a portare la musica classica italiana nel mondo. Nello stesso anno trovò anche il tempo per prendere il brevetto di paracadutista a Pisa. Era riuscito a fare anche il giocatore di rugby.
Nel 1964 aderì al movimento europeista Jeune Europe, guidato dal belga Jean Thiriart, militandovi con la serietà con la quale aveva vissuto le altre esperienze, giungendo anche agli scontri fisici con gli avversari.
All’inizio del 1965 subì un’aggressione a Milano, in piazza della Repubblica, assieme al dirigente italiano di JE, Renato Cinquemani; nei giorni successivi furono tagliate le gomme della sua auto mentre stava partecipando ad una riunione nella sede del movimento.
Ad aprile partì per una tournée nel Sud assieme a due colleghi musicisti, Pasquale Fusilli ed Armando Bonanno. Tutti e tre morirono per lo schianto dell’auto contro un albero in un incomprensibile incidente e si pensò al sabotaggio. La Procura della Repubblica di Milano aprì un procedimento contro ignoti per “omicidio plurimo”, il magistrato milanese ordinò alla Pretura pugliese dove era avvenuto l’incidente il sequestro delle ruote dell’autovettura di Burco ma tutto poi finì nel nulla e quelle morti rimasero misteriose.
A Ferruccio Burco, caro agli Déi, il comune di Milano ha dedicato una strada. (dal gruppo Effemeride del giorno)

@barbadilloit

Amerino Griffini

Amerino Griffini su Barbadillo.it

Exit mobile version