Il caso. Scomparso in Siria Quirico (la Stampa): ora sappiamo che lì c’è una guerra civile…

QuiricoOra gli italiani si accorgeranno obtorto collo del verminaio che c’è in Siria. Il giornalista Domenico Quirico, inviato de La Stampa, da venti giorni è scomparso nella palude mediorientale, dopo aver lasciato il confine del Libano con la Siria.

Professionalmente il giornalismo di guerra l’abbiamo conosciuto custodendo la memoria di Almerigo Grilz, primo inviato italiano morto in un contesto bellico dopo la seconda guerra mondiale, e per questo siamo vicini alla famiglia di Domenico Quirico e ai suoi colleghi del quotidiano torinese in queste ore drammatiche.

Quirico è un veterano: aveva seguito negli ultimi tempi le primavere arabe nel Nord Africa, e nell’agosto 2011 nel tentativo di arrivare a Tripoli era stato rapito (e poi liberato) insieme con due colleghi del Corriere della Sera e uno di Avvenire Claudio Monaci. Durante il sequestro fu ucciso il loro autista, i reporter sono stati liberati solo due giorni dopo. Quirico è stato sempre in prima linea in Africa negli ultimi vent’anni, scrivendo reportage dai focolai più pericolosi, dal Ruanda al Congo, alla Somalia. Negli ultimi anni si era dedicato alla guerra in Mali, mentre adesso è per la quarta volta in Siria.

Mario Calabresi, su La Stampa, tracciandone il prestigioso profilo professionale, ne ha raccontato le abitudini e il rigore: sempre silenzioso e prudente nell’avvicinarsi ai contesti di guerra, comunicava pochissimo con la redazione. E’ un giornalista abituato a raccontare le vicende vissute con i propri occhi, consumando le suole delle scarpe alla ricerca di storie e personaggi utili a stimolare l’opinione pubblica occidentale.

La scomparsa di Quirico rende il conflitto siriano più vicino nella sua drammaticità a noi italiano, dopo che per mesi e mesi è stato dimenticato o relegato alle brevi delle pagine di Esteri. Lì si combatte una feroce guerra civile, un complesso conflitto etnico-politico-religioso. E sulla polveriera siriana, dove attualmente c’è un governo laico di ispirazione baathista contestato da un cartello variegato di forze d’opposizione, soffia anche il pericoloso vento delle infiltrazioni di islamisti radicali.

E così la nostra speranza scorre su due binari paralleli: quello del pronto rientro in patria del nostro collega Domenico e quello di vedere l’Italia tornare protagonista nel contesto geopolitico mediterraneo, non per “conto terzi”, ma richiamando il ruolo civilizzatore della più raffinata cultura romana.

@waldganger2000

Michele De Feudis

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