Il caso. Se anche Juan Villoro boccia Saviano e il superficiale “Zerozerozero”

roberto_saviano1Quando tre anni fa uscì “Zerozerozero” di Roberto Saviano scrissi nell’altro mio blog –“Herzog” – conoscendo un po’ il Messico, che avrebbe dovuto parlare con Juan Villoro, oltre a leggere i suoi articoli e i suoi libri, e che con i soldi che percepiva e il potere di contatti e la fitta rete di possibilità a disposizione avrebbe potuto fare di meglio, invece con una ostinazione presuntuosa produsse un libro pessimo, superficiale e derivato dal lavoro di altri. Ora, proprio Villoro boccia “Zerozerozero”, che è un ibrido di non genere, con una non lingua, un Frankenstein letterario che poi Saviano ha battezzato all’occorrenza, arrivando a infarinarlo con la produzione del recente premio Nobel per la letteratura: Svetlana Alexievich. Alla fine del suo pezzo, lo scrittore messicano si pone una domanda terribile che non vedrete sui giornali italiani:

“Anabel Flores Salazar, reportera de El Sol de Orizaba, acaba de ser asesinada en Veracruz. 15 periodistas han caído en ese Estado en años recientes. ¿Es lícito que unos mueran y otros se apropien de la información? Saviano no se infiltró en las redes del poder: se infiltró en reportajes ajenos”. 

Saviano è strato mostrato come lo scrittore del tempo nuovo, l’artista multimediale che combatte le mafie con la parola, fino a diventare icona della verità, giudice di ogni situazione mafiosa, paladino del politicamente corretto, sinodo che giudica leggi e governi, attraverso banalità melliflue, proclami, e analisi derivate da altri (che diventano sempre sottosuolo, omissione, millantatori, invidiosi etc.) passate per il suo malapartismo paranoide senza fantasia.

Il risultato è un grande fraintendimento che porta allo scoperto un ragazzo incapace non tanto di amare la scrittura e rispettarla, ma di amarsi e rispettarsi, e che ha rinunciato a quel poco di autentico che c’era in “Gomorra” per riprodurre un artificioso manufatto di se stesso su scala mondiale. Ha funzionato in Italia – dove se provavi a spiegare quello che stava combinando diventavi un camorrista – non  ha funzionato negli Usa e ora in Spagna e Messico. “Repubblica” può omettere il racconto di quello che accade, tradendo se stessa, ma non può impedire ad altri giornali – che per ironia le somigliano: come El Pais  che scomoda Stephen King e “La finestra segreta” – di mettere a nudo il fallimento di “Zerozerozero”, la sua natura stucchevole, prevedibile, incongrua oltre la mancanza di autenticità. In piedi sulla sua torretta di guardia, Saviano, in eterna ascesa, guarda il mondo e non lo sa raccontare, ha la possibilità di avere nel suo carcere di lusso: scrittori, politici, registi, poeti, polizie di tutto il mondo e servizi segreti, col difetto, però, di non saperli interrogare, riducendosi a copiare, mestamente, gli altri, quelli che sguazzano in quel fango che tanto odia, in quelle budella che ama far suonare nelle sue pagine, nella complessità del mondo che non gli è mai appartenuta. E, poi, abbaiando, a capo del suo esercito di follower, contro chi racconta – senza nessun astio, né complesso di superiorità, tra l’altro – che la realtà è diversa da come l’ha piegata, addolcita, riscritta, lui.

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Marco Ciriello

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