TramaNera. Se il terrorismo ha avuto poca influenza sulla letteratura italiana “noir”

Quarant’anni fa, il 18 gennaio del 1976, il fondatore delle Brigate Rosse, Renato Curcio, veniva arrestato in un alloggio di via Maderno, a Milano. Era già finito in manette l’8 settembre del 1974, a Pinerolo, ma pochi mesi dopo era stato fatto evadere dalla moglie Mara Cagol, morta poi in un conflitto a fuoco con i carabinieri. Curcio, al quale non vengono contestati episodi di sangue, non si pente né dissocia e continuerà a rivendicare dal carcere tutte le azioni delle Brigate Rosse, fino a quando, nel 1987, insieme con Mario Moretti, dichiarerà conclusa la fase della lotta armata e chiusa l’esperienza delle Br. CURCIO-facebook

L’anniversario fa sorgere una riflessione: è strano che un fenomeno importante e duraturo come il terrorismo e in generale gli “anni di piombo” (durati all’incirca una quindicina d’anni, dal 1968 fino agli inizi degli anni Ottanta) abbia avuto così poca incidenza sulla letteratura italiana gialla e noir. Su quel periodo sono stati scritti parecchi libri e girati molti film, quasi sempre però di taglio saggistico (nel caso dei libri), memorialistico, storico, di psicologia individuale. Ed è curioso che invece ben pochi autori “di genere” lo abbiano scelto come scenario per un romanzo giallo, noir o poliziesco. O quanto meno che il tema sia stato disertato dai grandi editori e confinato a collane meno diffuse.

Il quindicennio della violenza
Scarse le eccezioni: Massimo Carlotto, fra questi, con “Arrivederci amore ciao”, diventato anche film e fumetto. E poi Giancarlo De Cataldo, Alberto Garlini (La legge dell’odio), Marco De Franchi (La carne e il sangue), Simone Sarasso (Settanta), Paolo Grugni (L’odore acido di quei giorni). Un esperimento interessante fu tentato alcuni anni fa, nel 2009, dalla coppia di curatori Daniele Cambiaso e Angelo Marenzana, che realizzarono l’antologia di racconti “Crimini di piombo” (Laurum Editrice), nella quale parecchi autori polizieschi italiani si cimentarono con la fiction legata alla violenza politica. Negli ultimi decenni ci sono state alcune eccezioni, naturalmente: Loriano Macchiavelli con “Strage”, Attilio Veraldi con “Il vomerese”, Piero Soria con “Il soldato”, Annamaria Fassio con “Come torrenti di pioggia”, Luce D’Eramo  con “Nucleo zero”, Giampaolo Simi con “Il corpo dell’inglese”. Più di recente si sono aggiunte le opere di Alessandro Bastasi (“La scelta di Lazzaro”), Maria Teresa Valle (“Il conto da pagare”) e l’ultimo romanzo di Massimo Fagnoni, “Bologna non c’è più”.

Due autori del collettivo Torinoir hanno ripercorso, singolarmente, il periodo buio del terrorismo in due opere molto diverse fra loro: nel 2005 Claudio Giacchino ha pubblicato “Il circuito dei camosci” (Robin Edizioni), dando spazio alla figura in parte di finzione, in parte reale, di un ex militante di Prima Linea alle prese con il mondo del carcere. Lo scorso anno, invece, Maurizio Blini, a quattro mani con Gianni Fontana, ha pubblicato con Golem Edizioni “Figli di Vanni”, storia di due fratelli che affrontano con spirito diverso gli anni del terrorismo in una Torino lacerata dalla violenza.

Strategia della tensione
E’ invece di pochi mesi fa il romanzo “Polvere nera”
(Cordero Editore) di Alex Di Giacomo e Massimiliano Griner, quest’ultimo saggista e giornalista che da tempo analizza la storia degli anni del terrorismo e della violenza politica. Questa la sinossi del libro: 1974. Franco Iacolano, un giornalista col vizio del bere, indaga sui rapporti tra le istituzioni corrotte e un piano golpista. Bruno Terzi, influente funzionario del Viminale, sembra invece lavorare per favorire una svolta autoritaria. Attraverso il confronto tra due personalità opposte e inconciliabili, “Polvere nera” esplora gli anni Settanta dei misteri e delle trame occulte, delle BR e delle cellule neofasciste, nell’epoca della nascita della “telecrazia”, in una struggente epopea noir. In un celebre articolo Pasolini diceva ” Io so i nomi dei responsabili delle stragi, del tentato golpe, di coloro che dietro le quinte, tra una messa e l’altra, hanno dato le disposizioni”. Gli autori di questo “romanzo criminale” degli anni di piombo provano a svelare con ritmo cinematografico la verità che nessun libro di storia potrà ricostruire, la verità dietro una lunga scia di sangue, quel cambiamento epocale ma oscuro le cui tragiche conseguenze paghiamo ancora oggi.

La storia in prima persona
Infine nel corso del 2015 due “memoir” romanzati, che non sono gialli né noir ma vi si avvicinano molto per i temi che toccano. Due opere di protagonisti che hanno vissuto – e pagato – in prima persona l’epoca del terrore politico: “Indian summer ’70” (Aga Edizioni) di Maurizio Murelli (in foto) e “San Babila, la nostra trincea” di Cesare Ferri (Settimo Sigillo). Una via percorsa anche da Augusto Grandi, che nel suo “Baci e bastonate” (2007) miscelò fiction, testimonianze e ricordi personali degli anni Settanta, realizzando un ritratto divertente ma anche impietoso della propria generazione. Inclusa la ricostruzione molto verosimile dell’omicidio di un giudice da parte di un terrorista “nero”.

«Pochi si sporcano le mani»
Lodevoli eccezioni che non cancellano la domanda di fondo: perché così pochi autori italiani hanno ambientato i propri gialli e noir negli “anni di piombo”? Provano ad azzardare una risposta gli autori di “Figli di Vanni”. Maurizio Blini, che fra l’altro è poliziotto in pensione: «Per molti significa tornare sul luogo del delitto. Non solo ferite ma contraddizioni e storie malate. Molti dei protagonisti di quegli anni siedono su scranni del parlamento, sono affermati giornalisti, opinionisti, editori. Molti hanno fatto il triplo salto della quaglia e hanno cambiato partito, idea… Insomma, non hanno più voglia di sporcarsi le mani». Il co-autore Gianni Fontana: «Quando c’è una guerra in corso (almeno una parte credeva di esserlo) non si deve cercare un assassino. La trama gialla lascia posto allo spionaggio, ai tradimenti, alla parte migliore o peggiore degli essere umani. Restano le parole della canzone di De Andrè: “La domenica della salme nessuno si fece male, tutti a seguire la salma del defunto ideale”».

In collaborazione con la pagina Facebook Trama Nera

Giorgio Ballario

Giorgio Ballario su Barbadillo.it

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