Libri. “Europa anno zero” e l’incomprensione (a sinistra) del nazionalpopulismo

Da sinistra
Da sinistra Farage, Le Pen, Orban, Tsipras, Wilder e Grillo

Uno spettro inquietante si aggira per le strade d’Europa, questa la tesi di un libro che ci è capitato di leggere di recente. Dato l’incipit drammatico, si sarebbe immediatamente portati ad identificare tale spettro con i morsi dirompenti della crisi che ha determinato la proletarizzazione di starti sociali sempre più ampi, impoverito Stati un tempo floridi ed ora indebitati, devastato il tessuto comunitario del continente. E invece no! Un’autrice affermata, Eva Giovannini, attualmente appartenente alla “buona” famiglia giornalistica della trasmissione televisiva Ballarò, condotta da Massimo Giannini su “Rai Tre”, ma già attiva nelle redazioni di Annozero e di Piazzapulita, ci invita ad individuare nel nazionalismo populista il mostro terribile da cui difenderci, attivando gli anticorpi “democratici” (per la verità molto indeboliti, data la vocazione salottiera e filo-imprenditoriale della sinistra mediatica e “mondana”di casa nostra).

    Questo appello, Giovannini lo lancia dalle pagine della sua ultima fatica letteraria, Europa anno zero. Il ritorno dei nazionalismi, da poco nelle librerie per Marsilio editore (euro 16,00). Il libro è ben costruito e  rappresenta senz’altro un significativo tentativo di rappresentare la realtà politico-esistenziale delle “nuove destre” europee. Nato da reportage televisivi, da colloqui con militanti e dirigenti dei movimenti populisti che nell’ultimo periodo hanno calcato la scena politica continentale, alterna la descrittività, che richiederebbe spirito oggettivo, con affermazioni e considerazioni decisamente improntate al pregiudizio ideologico. Per cui il tratto di “fermo immagine”, di “istantanea” che il testo dovrebbe avere, come si evince dalla quarta di copertina, in realtà si riduce in alcuni casi ad un’ immagine deformata in senso caricaturale di questi movimenti o, in altri casi, demonizzante. Il viaggio dell’autrice ci conduce in sei paesi europei, in cui la crisi si è manifestata con modalità ed intensità diverse.

    Dalla Grecia, vero e proprio laboratorio del neo-pauperismo imposto da scelte dissennate dei politici di “sistema”, sia socialisti che liberal-democratici, e dalle volontà predatorie degli organismi internazionali, in cui l’unico soggetto d’opposizione, dopo il tradimento di Syriza e della sinistra, resta Alba Dorata, alla Germania dei “Nuovi patrioti” di Pegida che hanno organizzato manifestazioni pubbliche di tipo sovranista ed identitario, connotate in senso anti islamico e xenofobo. Dalla Francia di Marine le Pen che ha trasformato il “Front National”, non solo nel primo partito del paese, l’unica seria opposizione ad Hollande, ma in un laboratorio ideologico che, innanzitutto, mira a realizzare il definitivo superamento della dicotomia destra-sinistra (come per la verità, con esiti diversi, stanno cercando di fare tutti i movimenti neo-populisti), al Regno Unito di Nigel Farage, leader del Ukip, a cui solo la legge elettorale rigidamente maggioritaria ha impedito di ottenere una consistente rappresentanza parlamentare. Per giungere anche ad analizzare le neo-destre ungheresi ed italiane, la prima ideologicamente centrata sul recupero della tradizione cattolica e quindi dei valori di “Dio, Patria e famiglia”, che possono essere validamente difesi evitando l’ingresso incontrollato dei migranti, in particolare di religione islamica, la seconda che ha per protagonista la Lega Nord la quale, con la Segreteria Salvini, ha iniziato la sua rapida trasformazione in Lega Nazionale, contenitore in grado di assorbire quanto resta delle destre disgregate dal ventennio sfascista finian-berlusconiano.

   Per quanto attiene ad Alba Dorata, viene ricordata brevemente la storia trentennale, dalla fondazione della rivista omonima da parte Michaloliakos, alla scelta politica metaxista. Il primo ministro greco Metaxas nel 1938 decise di non pagare l’enorme debito che era stato contratto con la Banca Société Commerciale de Belgique e la Grecia fu citata in giudizio di fronte alla Corte di Giustizia internazionale. Metaxas sostenne che se avesse onorato gli impegni presi avrebbe portato il popolo greco alla fame. Questa la ragione del successo di Alba Dorata: essa mostra, nei confronti delle autorità europee, la medesima intransigenza anche nella situazione attuale. Tenta di smascherare il grande inganno dell’Unione, organismo oligarchico che spaccia le sue decisioni per democratiche. Giovannini ricorda che la classe dirigente del Movimento è stata decapitata, più di trenta dirigenti arrestati, e nonostante ciò i risultati elettorali sono stati ugualmente positivi, ma insiste sugli aspetti xenofobi, razzisti quasi fossero prioritari in un contesto come quello prodotto dalla crisi. E ripete la medesima esagerazione interpretativa anche per altri partiti populisti.

    Non ha compreso, ci pare, che non c’è più nessuno in Europa, oltre queste “nuove destre”, a difendere non solo gli interessi concreti, economici dei popoli, ma anche la loro dignità esistenziale. La crisi infatti ha prodotto, come suo correlato ineliminabile, un ulteriore passo in avanti del Nuovo Regime della govenance, che mentre proclama l’inviolabilità dei diritti dell’uomo, sempre pensato in astratto, realizza un’espropriazione, questa assai concreta e visibile, della sovranità popolare. A ciò si accompagnano i processi di sradicamento socio-esistenziale che connotano la nostra epoca, con le drammatiche conseguenze dello spaesamento nichilista e della reificazione dei rapporti umani. E’ naturale che in un contesto del genere, diseredati, declassati ma non solo, cerchino l’identità perduta o messa in discussione e provino, prima degli altri, certamente prima di certa borghesia immemore e progressista, il bisogno di Tradizione, di certezze sulle quali costruire la vita. Cosa dovrebbero fare d’altronde secondo l’autrice? Aspettare forse il realizzarsi del sogno palingenetico del marxismo alla Toni Negri, che tesse le lodi del capitalismo contemporaneo, grazie al quale le Moltitudini, per magia, dovrebbero individuare nuovi modelli aggregativi rivoluzionari? Oppure dovrebbero fidarsi delle promesse della sinistra di regime che, come il renzismo in Italia dimostra platealmente, sta semplicemente realizzando il programma ammodernatore dettato dai padroni transnazionali del sistema?

   Il bisogno che i movimenti nazional-populisti manifestano da sempre era stato compreso da un autore della Rivoluzione Conservatrice, Moeller van den Bruck: il bisogno che esprimono è prioritario, i popoli vogliono contare, partecipare alle decisioni, non essere esclusi. La democrazia in senso organico e classico infatti è: “la partecipazione di un popolo al proprio destino”, è riconquista del proprio passato e della propria storia per determinare un Nuovo Inizio. Perché ciò accada, anche in Italia è necessario che le esigenze politiche colte dal nazional-populismo in modo immediato e/o emotivo, incontrino il pensiero di Tradizione. Solo allora il timore che il perbenismo radical-chic prova nei confronti del ritorno dei popoli sulla scena politica, potrà trasformarsi in sconcerto e terrore.

*Europa anno zero. Il ritorno dei nazionalismi, di Eva Giovannini (Marsilio editore, euro 16,00)

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Giovanni Sessa

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