Libri. “L’arte dell’incontro” di Spessi, poesie sugli incontri che lasciano il segno

L'arte dell'incontro al tramonto
L’arte dell’incontro al tramonto

Fabiano Spessi, che vive a Milano ed insegna lingua italiana, ci fa, quasi pudicamente, pervenire un volumetto di poesie, L’arte dell’incontro(edizioni Italic, 2015, pp. 62), che è anche la sua opera prima. Si tratta di cinquanta componimenti in versi liberi, omogenei per tematiche e rappresentazioni, che si leggono volentieri e d’un fiato.

L’arte dell’incontro, che è anche il titolo di uno dei componimenti, allude certamente alla capacità del poeta di fissare in versi “gli incontri / che lasciano un segno” e “la luce / che li accompagna / nei pomeriggi d’inverno / quando il crepuscolo riconsegna / ai propri bilocali / i soliti pendolari.”

Ogni composizione, infatti, è un’istantanea di vita quotidiana, un ritratto di uomini e donne colti nella loro dolente umanità, fatta di solitudine, di aspettative non di rado deluse, di bilanci d’una vita vissuta. E davvero, questi ritratti, come è scritto nel risvolto di copertina, fanno pensare ai quadri di Edward Hopper. Gli incontri di Spessi avvengono per strada, sui tram, alle stazioni dei bus, nei condomini. Sullo sfondo Milano e la sua periferia, sbiadita, anodina. Benché, a volte, abbiano “un loro valore / le nuvole / sopra il Parco Sempione” (in Torre Branca). Il suo modello di riferimento è la poesia- racconto di Carver.

Il poeta è spettatore del disagio di vivere, disegna efficacemente quadretti di quotidianità, di gesti elementari, che ci portano a riflettere su noi stessi e sul posto che occupiamo nel mondo. La sua scrittura poetica ha un lessico semplice, colloquiale, tende alla prosa, non si avvale degli strumenti usuali tra i poeti come la metrica e la bella immagine lirica. La liricità, quando c’è, sorge dalle cose stesse, dalle situazioni. Ed anche il messaggio filtra spontaneamente, non è mai posticcio o calato dall’alto, è nelle cose.

Esemplare a questo proposito (e senz’altro tra le poesie più riuscite della raccolta, con qualche eco pavesiana) è La notte di San Lorenzo, dove la protagonista Elena fa un bilancio del proprio esistere e sembra aprirsi, sol che lo voglia, ad una dimensione altra: “Piovono stelle / sui prati / fra il capolinea / della metro / e la zona industriale / ed Elena / esprime desideri / nella cucina / della sua casa popolare. / Sono all’ottavo piano / ma non mi sento per niente / vicina al cielo! / Vorrebbe lasciare / la bancarella al mercato / per lavorare / in un ufficio al caldo ( e la sera / rincasare / e sentire sul collo / il fiato di qualcuno. / Tornata sulla terra, / manda a dormire suo nipote, / ci giocherai domani mattina / con la playstation. / Quasi mezzanotte, Elena pensa / che se il cielo si è svuotato di luci / la colpa / è soprattutto sua.”

Il rischio di questo modo di far poesia, che Spessi riesce però accortamente e quasi del tutto ad evitare, è quello di una caduta nella prosaicità, nella banalità. Peraltro, alla nota dominante di malinconica solitudine che è presente in tutti i protagonisti dei componimenti si aggiunge a volte una nota involontariamente umoristica, che scaturisce dall’avvertire il sentimento dei contrario. Per esempio, nella composizione I love shopping la barbona che attende pazientemente in fila la sua razione di cibo “con in mano / un sacchetto / sul quale sta scritto: / I love shopping.” O quando il poeta nota, a proposito dei sorrisi così invitanti delle commesse nei negozi, che “se fossimo dei Santi / avremmo l’armadio pieno di vestiti” (in I sorrisi delle commesse nei negozi appena aperti). Un’opera prima, dunque, meritevole di attenzione e di lettura.

*L’arte dell’incontro di Fabiano Spessi (edizioni Italic, 2015, pp. 62)

@barbadilloit

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