Libri. “Francesco Baracca” e le sue memorie militari tutte da riscoprire 

Francesco Baracca
Francesco Baracca

Francesco Baracca, l’imbattuto. L’aviatore glorioso raccontato dal recente libro di Luca e Alessandro Goldoni, “Francesco Baracca”  (Bur). L’Asso italiano continua così la sua narrazione che ci porta a rileggere aneddoti militari, per raccontare gli eroi. E scrivere di Baracca vuol dire che ci sono vicende avventurose da rileggere su pagine ingiallite. Ecco che, in un mattina d’estate, entri nella biblioteca comunale per cercare un libro degli anni Trenta; sai che c’è; così vuoi ritrovare i rapporti di volo del Maggiore Baracca ai suoi comandanti; e ricordi che c’è la voce dell’eroe in questo piccolo libro.

Nelle scuole di Francesco Baracca si dice nulla. La storia insegnata ai giovani è un minestrone di nozioni. La storia invece è voce; è il racconto di paure, di entusiasmi. Così le leggende non hanno confini. Nascono dove gli uomini hanno buona volontà e fanno il proprio dovere e non si tirano indietro; come per Baracca; e questa è la sua vera superiorità.

Un uomo divenne leggenda per il suo sguardo freddo, privo di timori. Per il suo calcolo veloce in alto a 3000 metri. Il calcolo di Baracca che valutava in un attimo la distanza dal nemico. Se abbatteva un veicolo, all’istante attaccava un altro. E stai leggendo ciò nelle relazioni dell’Asso militare. Scopri poi che il Maggiore scaricava la sua mitraglia a meno di trenta metri dall’ aereo austriaco. Nelle pagine, che sfogli affascinato, Baracca è sincero. Mai polemico nelle sue comunicazioni di volo. Anche per questo, i suoi camerati lo riconobbero come uomo onesto. Come guerriero nobile lanciato tra le nuvole. Naturalmente, quando si scrive di eventi bellici, il rischio è la retorica. Ma ritornare a Baracca affascina tanto. In un Italia che dimentica sempre. Che scappa dai suoi ricordi militari. E se questa storia pare lontana, essa comunque mantiene in ogni modo viva “la pressione sulla vita.”(Barthes)

Adesso non prendi più appunti. I tuoi occhi rimangono sui rapporti dell’eroe. Scopri cronache essenziali di duelli. Non c’è nessuna immodestia. “Sparo. Due, tre colpi la mitragliatrice non funziona bene. ‘Virage’ strettissimo, lo raggiungo subito di nuovo, è troppo alto e l’arma non funziona. Sparo. Due, tre colpi partono, poi la mitragliatrice s’incanta. Tiro l’otturatore, sparo; s’incanta di nuovo. Che bile!” Questo frammento narrativo non è di Erich Maria Remarque. Non è di Ernst Jungër. Nelle relazioni dell’aquila italiana è possibile scoprire realisticamente apparecchi instabili; rivoltelle e carabine per sparare addosso ai piloti a tremila metri; motori che girano a 175 km orari;  aerei colorati come  gli Spad, gli Albatros, i Nieuport,..  Contro gli Albatros, egli ha uno dei suoi scontri più incredibili. Il 22 ottobre 1917, “…ad un dato momento tutti si precipitavano contro di me (…) sentivo diverse mitragliatrici in azioni, uno di essi mi fece fuoco a 100 metri di distanza (…) non potevo rispondere al loro attacco (…) L’Albatros virò ad Est facendo vivo fuoco; lo attaccai al fianco sinistro e, pochi secondi dopo, sparati circa 60 colpi, da 50 a 30 metri, il nemico precipitò…” C’è una sublime precisione nel riferire le distanze, le raffiche, le manovre. Alla fine del duello, però, il nemico colpito è salutato con rispetto; sino al terribile schianto al suolo.

Le parole dell’eroe sono provate, senza enfasi; le sue parole diventano epica contemporanea. Il tempo si ferma nelle frasi di Baracca; in questo modo il racconto della guerra non è mai mutato dall’antichità sino al ventesimo secolo. Insieme alle recenti pubblicazioni dedicate all’Asso italiano, andrebbero riscoperte queste sue memorie militari dimenticate. Purtroppo, le nuove generazioni sono insensibili al racconto degli eventi nazionali, sono confuse dentro narrazioni futili. Di Francesco Baracca o di Ettore Muti non sanno nulla. Per avvicinarli alla storia, si potrebbe spiegare che un pilota nel 1923 correva sulle strade, non nel cielo. E correva come nessuno. Ed era come il vento. Aveva sulla sua automobile uno stemma: un cavallino rampante, lo stesso stemma di Baracca che, invece di essere dipinto su un aeroplano, era disegnato su un’autovettura guidata da un giovane, Enzo Ferrari, che desiderava ricordare il Maggiore della 91° squadriglia. Per questo destino di precisione e volontà, il cavallino di Baracca vola ancora.

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Renato de Robertis

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