Lerner, Tremonti e lo spettro del fascismo “bianco”

Ieri, su Vanity Fair, Gad Lerner rimproverava Giulio Tremonti di incoerenza. Come si può passare dallo scudo fiscale, dai condoni, dal governo lega-pdl, alle tesi socialiste del suo ultimo libro, Uscita di Sicurezza? Impossibile, senza una gran faccia da paraculo, sostiene l’Infedele. Ma l’accusa sembra un po’ scontata, un po’ tirata; soprattutto quando viene da un ex Lc finito a sostenere Soros il filantropo. Chi il bue, chi l’asino?

In tempi di pavidità assoluta, di servaggio fisico e morale, la coerenza diventa quindi impossibile. Occorre saper rischiare per essere coerenti. E’ il coraggio il presupposto della verità e dell’onestà intellettuale. Per questo motivo lo sfogo di Gad Lerner va inquadrato in una mera bega di concorrenza paraculistica: vorrà mica fregarmi audience radical-chic questo Tremonti socialdemocratico?

Si comprende meglio l’irritazione di Lerner ricordando il nemico scelto dall’ex ministro per rendere appetibile la sua ultima fatica intellettuale: il fascismo. Ma come? La Federal Reserve stampa 770 miliardi di dollari per salvare un sistema bancario fallito; Goldman Sachs colonizza l’Europa per drenare liquidità; le agenzie di rating giocano al ribasso dopo ogni manovra tecnica e chi sarebbe il nemico di Tremonti? Il fascismo. Bianco, per carità. Fascismo bianco. “Fascismo finanziario”. Sic! Ma perché?

Coraggio, coerenza, onestà. L’eterno antifascismo si adatta meglio di qualsiasi cosa al ciclo economico: oggi liberal, domani neocon, dopodomani social. L’unico problema è l’affollamento. La concorrenza è spietata. Lo sa Tremonti. Lo sa meglio Lerner.

Pietro Viercowod

Pietro Viercowod su Barbadillo.it

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