Editoria. L’addio di De Bortoli al Corsera: “Mattarella non firmi l’Italicum”

Foto Adonia
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«Del giovane caudillo Renzi, che dire? Un maleducato di talento». Ferruccio De Bortoli lascia il Corriere della Sera. Ieri il commiato in via Soferino. Una lunga relazione sullo stato di salute del sistema Italia. E insistendo sull’intraprendenza del Presidente del Consiglio, ha aggiunto: «Il Corriere ha appoggiato le sue riforme economiche, utili al Paese, ma ha diffidato fortemente del suo modo di interpretare il potere. Disprezza le istituzioni e mal sopporta le critiche. Personalmente mi auguro che Mattarella non firmi l’Italicum. Una legge sbagliata».

E parla ovviamente di giornalismo e del suo profilo a capo di una delle testate più rappresentative della storia italiana. «A nessuno di voi è stato chiesto in questi anni di fare qualcosa di contrario all’etica professionale, di servire un padrone o un investitore pubblicitario. Il branded content è rimasto fuori dalla redazione. Guardatevene – avverte – perché è una delle morti possibili del nostro mestiere e un modesto palliativo alla agonia dell’editore».

Prima di tutto i fatti. «Le notizie, anche quelle più scomode e contrarie agli interessi degli azionisti sono state pubblicate, tutte. Credo siano pochi in Italia e all’estero i giornali liberi come il Corriere” rimarca l’ormai ex direttore, che però tiene anche a sottolineare che «la libertà è come l’aria, la si apprezza solo quando manca». De Bortoli però si dice «sicuro che non mancherà al Corriere nei prossimi anni, perché siete una grande squadra».

L’esempio di Montanelli. «Io – aggiunge – non rinuncerei per nulla al mondo al mio titolo di giornalista e non ci terrei ad aggiungerne altri, come fanno molti con scrittore, per esempio». E ricorda Montanelli «che sulla tomba volle scritto solamente giornalista. Basta quello, c’è tutto, persino troppo, soprattutto la bellezza di essere protagonisti di una avventura giornaliera». Nel passaggio finale del suo saluto, De Bortoli sottolinea come «quando un giornalista veste altri panni, gioca una parte o ambisce a giocarla non è più tale e forse non è più nemmeno utile a comporre una pubblica opinione composta da cittadini informati, avvertiti, responsabili e non da curve urlanti di tifoserie avverse».

 

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