Il caso. Il genocidio armeno: una macchia nella memoria d’Europa

Conosco tanti Armeni, perloppiù sono gente molto estroversa, allegra, gentile e pronta ad includere, piuttosto che ad escludere. Se dovessi trovare una persona che, ai miei occhi, rappresenta il popolo armeno, indicherei, senz’altro, Antonia Arslan: piena di brio, intelligentissima, di cultura enorme e sempre disposta ad una risata o ad un brindisi. Una donna di eccezionale umanità. Una donna che ha scritto un libro in cui, come in pochi altri, l’umanità appare calpestata e cancellata. Ecco, Antonia, per me, è l’Armenia: un’Armenia con un evidente accento veneto, che me la rende ancora più simpatica. Viceversa, non ho mai conosciuto dei Turchi: nemmeno uno. Ma non voglio cedere alla tentazione di immaginarmeli cupi e rabbiosi: voglio, invece, pensare, che siano anche loro un popolo mite ed accogliente. So per certo che sono governati da un uomo che, almeno sugli Armeni, mente sapendo di mentire, ma questo non è colpa dei Turchi: anche noi siamo abituati da decenni a governanti che ci raccontano ogni sorta di balle e non per questo meritiamo la condanna della storia. Ogni anno, il 24 aprile, la comunità Armena ricorda il proprio olocausto: Metz Yeghern. Ogni anno, il 24 aprile, il resto dell’Europa si fa i fatti suoi. Cento anni fa, nell’impero ottomano, la rivoluzione dei Giovani Turchi, che aveva modernizzato il Paese, decise che per modernizzarlo definitivamente gli Armeni dovevano scomparire: ne furono ammazzati, a vario titolo e in vario modo, di solito per denutrizione, circa 1.500.000. Fu il primo genocidio del Novecento: fu il modello degli altri genocidi. Dopo venne Stalin, che fece morire di fame 7.000.000 di Ucraini (Holodomor significa proprio “morire di fame”) e, infine Hitler: quello che disse, riguardo al giudizio del mondo sulla Endloesung nazista, “Chi si ricorda degli Armeni?”. Già: chi si ricorda degli Armeni? Io me ne ricordo. Io, che sono uno qualsiasi e che, periodicamente vi annoio con le mie operine, me ne ricordo benissimo: sono un poveraccio, ma ho una memoria di ferro. E vi dico di guardarvi dalle storie intermittenti, dagli storici, dai giornalisti, dai politici, che soffrono di vuoti di memoria, perché, di solito, si dimenticano solo di quel che fa loro comodo dimenticare. O, peggio, di ciò che sia imbarazzante ricordare. Perché gli Armeni sono una macchia nella memoria d’Europa, sono un monumento all’indifferenza e all’ipocrisia della Realpolitik europea. Come gli Ucraini, come le foibe, come tutti i delitti in cui l’uccisore doveva essere il buono senza macchia: non potendo macchiare l’ucciso, lo si dimentica, semplicemente. Oggi, quattro parole di un Papa hanno costretto i nostri governanti a mostrare tutta la loro ipocrisia, tutto il loro imbarazzo di fronte ad una questione che travalica le loro possibilità, di burattini eterodiretti: hanno tentennato, hanno cincischiato, hanno detto mezze parole. Di fronte al massacro di un milione e mezzo di uomini, donne e bambini, soltanto mezze parole. Ma, se la politica tentenna di fronte alla condanna di un genocidio, che politica è? Come ci siamo ridotti, se, per paura di rovinare gli interessi di qualcuno, ci giriamo dall’altra parte di fronte agli olocausti? Nessuna sorpresa: siamo quelli che fanno l’embargo contro la Serbia e commerciano con la Cina, che stanno con i buonissimi Stati Uniti, che in quasi 250 anni di storia sono stati in guerra il 90% del tempo. Siamo quelli che non sfilano il 25 aprile per paura di scontri tra filoisraeliani e filopalestinesi. Ma che abbiamo lasciato ammazzare prima gli Ebrei e poi i Palestinesi, senza battere ciglio. Insomma, io sarò anche un povero cristo qualsiasi, ma quest’Europa è proprio un brutto Paese!

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Marco Cimmino

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