L’intervista. Lo scrittore Bruni: “Il Futurismo non è storia. È la grande visione delle Arti”

Celebre poeta, giornalista, direttore archeologo, collaboratore del Ministero dei Beni Culturali, vicepresidente del Sindacato Libero Marinetti 70.inddScrittori italiani: Pierfranco Bruni è tra gli autori del volume saggistico Marinetti 70. Sintesi della critica futurista – a cura di A. Saccoccio e R. Guerra, Armando editore, 2015 (elenco completo autori http://armando.it/marinetti-70) – che sarà presentato a Roma martedì 31 marzo alle ore 17:00 presso il Palazzo Sora, sede del S.L.S.I.. Alla presentazione prenderanno parte, tra gli altri, Luigi Tallarico, Antonio Saccoccio, Roberto Guerra, Giovanni Antonucci e Francesca Barbi Marinetti.
Bruni è nella rosa candidati per il Nobel alla Letteratura 2015.

Professor Pierfranco Bruni, “Marinetti 70” è una sintesi revisione globale che chiude anni di censure sul Futurismo?

«Una sintesi attraverso alcune coordinate che pongono al centro la vera arte o le diverse arti che si intrecciano e si combinano in una volontà di rappresentazione che significa non solo innovare quella tradizione che non perde il concetto di spazio ma è lo stesso spazio che ha una sua fisicità tra quelle forme che tali non sono in un linguaggio che è l’universalità degli sguardi. Il Futurismo, certo, è stato censurato. Ma non illudiamoci troppo. Ancora oggi ci sono scuole di pensiero poco intelligenti dal punto di vista critico e storico che cercano di eludere l’unica Avanguardia Nazionale. Non ci sono riusciti. Non ci riusciranno perché il Futurismo non è storia. È la grande visione delle Arti».

Prof. Bruni, più nello specifico, esiste secondo lei un Posfuturismo?

«Il Postfuturismo è quello che è stato dopo? Oggi ancora c’è Futurismo. Basta leggere alcune poesie di poeti veri, alcune “forme” di arte e soprattutto la musica. Gran parte della canzone di alcuni cosiddetti “cantautori” producono testi prettamente provenienti da una esperienza futurista. Un esempio. Andiamo a leggere alcuni testi di Caparezza… Ci si rende conto che ha usato una dissimmetria strutturale ben radicata nella spazialità degli spazi – parole del futurismo e poi anche le pause e l’irruenza musicale…».

Professore, in quale misura il Futurismo ha influenzato la sua produzione letteraria?

«Oramai sono oltre quarant’anni che attraverso i linguaggi e scrivo e vivo scrivendo e cercando tra le parole un senso dell’essere. Sono un futurista che ha sperimentato le diverse esperienze. Anzi, mi sento un futurista che non ha mai smesso di pensare alla rivoluzione dei linguaggi e la mia poesia e la mia narrativa, attraverso proprio la scrittura, nascono da una costante scavatura nella parola futurista. Pur abitando altri luoghi dei saperi incrociati il mio linguaggio parte, non potrebbe essere diversamente, dalle radici futuriste e grazie soprattutto a Francesco Grisi ho penetrato anche l’essere del personaggio futurista…».

Dopo quarant’anni cosa si aspetta?

«I miei libri li ho scritti. Ho cercato di dare il meglio di me. O forse tutto ciò che sono riuscito a dare. Non aspetto nulla. Resto in attesa di qualche altro libro che sia diverso da quelli che ho scritto finora. Il resto è soltanto distacco».

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Roby Guerra e Giovanni Balducci

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