L’intervista. Una via a Fausto Fornaci, asso dell’aria della Regia Aeronautica

C__Data_Users_DefApps_AppData_INTERNETEXPLORER_Temp_Saved Images_imgC3Una via intitolata ad un militare della Repubblica di Salò? Impensabile fino a qualche anno fa, possibile invece ora grazie all’interessamento del Consigliere comunale di Umbertide Giovanna Monni che, al termine della presentazione di “A difendere I cieli d’Italia” di Marco Petrelli, propone al sindaco Marco Locchi la di dedicare una strada al pilota umbertidese Fausto Fornaci.

Ma come nasce la vicenda? Lo abbiamo chiesto all’autore, intervenuto nel corso di “Fausto Fornaci, un eroe di Umbertide”, celebrazione dell’aviatore umbro tenutasi venerdì 6 febbraio nella sede del Comune.

Dottor Petrelli chi è Fausto Fornaci?

“Un aviatore che si è fatto le ossa nella Regia Aeronautica, vincendo diversi duelli aerei e conquistando medaglie al valor militare e che, dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943, sceglie di continuare a combattere contro lo stesso nemico”.

Perché dedicargli una via e perché farlo ora?

“Due domande e una sola risposta: era un italiano mosso nelle sue scelte dal senso del dovere, che gli imponeva di proteggere la popolazione italiana dai bombardamenti angloamericani”.

Era comunque della Repubblica Sociale Italiana…

“Era un militare di Salò. Furono 558 mila coloro che risposero ai bandi Graziani (per l’Aeronautica al Bando di Ernesto Botto), dati dello Stato Maggiore dell’Esercito Italiano che, nel dopoguerra, ha condotto ricerche nell’ambito delle Forze Armate della RSI. Oltre mezzo milione di uomini (e di donne), animati sicuramente da sentimenti diversi, ma determinati a battersi sotto una bandiera italiana e non per servire la causa della Germania o perché entusiasti di un fascismo ormai ombra di quello che era stato un tempo”.

Perché allora tanti anni di oblio?

“Perché quegli sconfitti in camicia nera altro non erano che l’ immagine riflessa di colpe e di complicità col precedente regime delle quali si erano macchiati milioni di altri italiani, anche coloro che dopo il 1943 hanno cambiato casacca. Poi, c’è il problema della politica spicciola che, priva di riferimenti culturali e del desiderio di trovarne di nuovi, si appiglia al passato incensando la parte alla quale si sente più vicina. Una cosa che la sinistra ha fatto per anni e alla quale anche la destra non si è sottratta”.

Secondo lei la proposta di Giovanna Monni avrà un seguito?

“Ne sono convinto. Un effetto positivo della crisi, forse l’unico, è che la gente finalmente rifiuti di tornare ancora sui temi del passato per fare polemica. In una quotidianità segnata da problemi sociali ed economici, il tema della Guerra civile inizia ad essere considerato più come argomento di studio che non come bandierina da sventolare in manifestazioni politiche. D’altronde, con la carenza di occupazione e di risorse che ci attanaglia, ci sono cose più importanti alle quali pensare, che non la speculazione ideologica dell Storia, che non dà nulla di concreto ai più e solo visibilità ai soliti noti”.

Red

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