Politiche. Una insurrezione antiCasta, Grillo e il Pdl, l’equivoco populista, la destra che verrà

Politiche 2013Fra le tante definizioni allarmate che la stampa italiana ed estera hanno dato al senso delle elezioni del 24 e 25 febbraio, forse inconsapevolmente quella più esatta la si deve ad un politologo francese, sembrerebbe importante, Dominique Reynié, in una intervista al Corriere della Sera del 27 febbraio, che a botta calda ha affermato: “Quella italiana è una insurrezione. Elettorale e per adesso non violenta, per fortuna, ma insurrezione”.

Una “insurrezione” contro chi? Ovviamente contro una Casta ottusa e sorda che non si è saputa autoregolamentare negli ultimi cinque anni: a partire dal governo di centrodestra che vinse a mani basse le elezioni del 2008 per finire al governo dei tecnici. Nei primi quattro anni e nel quinto non è stato fatto assolutamente nulla per ridurre i privilegi della politica e dei politici. Vale a dire, né a sinistra, né al centro, né a destra si sono state proposte fattive per venire incontro alla gente che faceva sacrifici. La quale, del tutto esasperata ha punito indifferentemente tutta la Casta (dieci milioni almeno gli italiani che hanno cambiato le loro preferenze) con un voto che ha rinnovato la classe parlamentare, se in meglio o in peggio è presto dirlo, ma ha mandato a casa tanti brontosauri della politica intesa come forma di impiego permanente benissimo remunerato.

Solo in vista di queste elezioni quasi tutti i partiti (il primo, bisogna operò dirlo,è stato il PdL) hanno detto che, se fossero andati al potere, avrebbero dimezzato deputati e senatori, stipendi e prebende, limitato il periodo di eleggibilità a due soli anni ecc., ecc. Cose che in diversi, compreso il sottoscritto, avevano esplicitamente chiesto nel 2008-2009 senza essere ascoltati. Forse allora c’erano altre urgenze, ma ignorando certe richieste si è fatta marcire la situazione.

La “insurrezione” vanta (dati della Camera) gli 8.689.168 voti del Movimento 5 Stelle, primo partito, e i 9.923.109 del centrodestra complessivo (7.332.667 del PdL, terzo partito, dopo il PD, più Lega Nord e Fratelli d’Italia). Insomma, oltre 18 milioni di italiani, circa la metà dei votanti,  sono “insorti” andando alle urne. Ai quali si deve aggiungere un altro 25 per cento circa di chi NON è andato alle urne, mostrando delusione e disaffezione.

Sì, perché il voto contro la Casta e la situazione corrente non è stato soltanto quello dei grillini, ma dal mio punto di vista anche di quelli che hanno votato il centrodestra. Secondo me i partiti guidati dai “due clown”, come li ha definiti il 27 febbraio il candidato dello SPD al cancellierato, facendo “insorgere” il presidente Napolitano in visita ufficiale in Germania.

Ovviamente si tratta di due schieramenti quanto più diversi non si può, ma accomunati più  o meno nello stesso scopo: chi ha votato centrodestra e non si è sentito di votare M5S ha tenuto conto non solo della parte “ideologica” (assai poco), quanto dalla avversione per  i “tecnici” e la disastrosa situazione economica che essi sono riusciti a produrre, credendo/fidandosi delle promesse elettorali del Cav. Non solo o soltanto il rimborso Imu o la progressiva abolizione dell’Irap, quanto piuttosto di quel programma che avrebbe dovuto adottare sin dal 2008: appunto il dimezzamento di tutto, parlamentari, stipendi, rimborsi ecc. Cioè, un atteggiamento anti-Casta, oltre all’impegno esplicito a non cambiare partito o schieramento nel corso della legislatura. L’idea dei “nominati”, infatti, non ha prodotto alcun tipo di “fedeltà”, di orgoglio di appartenenza! Mai ci sono stati tanti cambi di casacca e di scissioni come nella legislatura appena conclusa…

Di fronte ad una situazione di tanta clamorosa disparità di trattamento, di fronte alla corruzione montante a sinistra-centro-destra, gli italiani non potevano far altro che punirli come hanno finalmente fatto, facendo convergere i loro voti sul movimento di protesta per eccellenza e su quei partiti verso i quali, anche per paura della Sinistra demagogica (Vendola, Ingroia) conservavano un minimo di fedeltà ideale, cioè quelli di centrodestra, che nonostante l’emorragia di voti hanno ancora una consistenza. Una volontà punitiva riversatasi nelle urne, come riconosce sempre sul Corriere del 27 settembre, un altro politologo, questa volta italiano, Ernesto  Galli della Loggia, che si deve ammettere sta assumendo posizioni sempre più anticonformiste e fuori dal coro di certa intellettualità. Il quale ha avuto il coraggio di scrivere che se l’opporsi ad una classe politica che rimane indifferente ai sacrifici che impone ai cittadini che l’hanno eletta viene considerato “populismo” ben venga il populismo. Che gli italiani ne avevano ”le tasche piene”, scrive, a quanto pare quasi nessuno se ne era reso conto. E sembra incredibile.

Ora, ho scritto prima delle elezioni, e qui lo confermo, che coloro i quali a destra pensavano di dare (e hanno poi dato) il loro voto a Cinquestelle stavano sbagliando perché non si può rincorrere  la strategia del “tanto peggio tanto meglio” a rischio di far scomparire la Destra. Ed è proprio quel che ci si proponeva, diranno certi collaboratori e lettori di Barbadillo, dato che questa Destra ha fallito, ci ha traditi negli ideali e in essa non ci riconosciamo più. Che la Destra abbia fallito su vari piani lo scrivo da anni a chiarissime lettere, ma non arrivo al punto di masochisticamente chiedere la sua scomparsa totale: certo una punizione dura in modo che possa ripensare tutto, anche perché – grazie a Dio e agli elettori – certi personaggi sono stati cancellati dalla scena politica definitivamente e di loro si spera proprio di non sentir più parlare neanche sotto camuffamenti diversi, pur se saranno illustri pensionati con cospicui vitalizi mensili e buonuscite da favola e quindi non patiranno la fame, né andranno ai giardinetti a dar da mangiare ai piccioni. Almeno non vedremo più le loro facce saccenti e spocchiose. Facce di chi ha rinnegato tutto ma dà ancora lezioni di bon ton e buona politica. Speriamo che le diano adesso alla loro coscienza.

Però ridotta al lumicino la Destra saprà ripartire?  Adesso è rappresentata soltanto dai nove “fratelli (e sorelle) d’Italia” alla Camera, tutto il resto è stato spazzato via. Chi sarà capace di riaccendere e risollevare la fiaccola della Destra? E di quale Destra? Che personalità ci sono? All’orizzonte non si vede nessuno. E le antipatie se non odi fra le diverse componenti non sono azzerabili: degli ”stati generali” non servirebbero a nulla, se non a sancire le divisioni.

La colpa incancellabile del cognato di Tulliani non è stata soltanto quella di aver affossato quattro partiti nella sua trentennale vita di parlamentare, il che già lo condannerebbe all’Inferno degli incapaci e degli inetti insieme a Pier Soderini, ma soprattutto quella, come ho già scritto su queste pagine, di non aver preparato una nuova classe dirigente all’altezza. E questa è una colpa che condivide con tutti i suoi vecchi “camerati”, nessuno escluso. Ha avuto a disposizione da quando fu “sdoganato” dal Cavaliere a cui ha sputato addosso, ben vent’anni, il tempo di una generazione, ed invece l’ha bruciata una generazione di giovani ed ex giovani. Ha fatto il vuoto pneumatico intorno a sé, ha distrutto una cultura politica e non ha saputo creare nulla, nulla. E nessuno gliela farà pagare: gli esclusi dal Parlamento si godranno una immeritata vecchiaia, spero rosi dai loro rimorsi. Del senno di poi son piene le fosse, e non si può dire adesso: ho sbagliato, dato che gli avvisi, gli allarmi, erano stati lanciati, eccome!, ma a nessuno è fregato nulla.

E poiché le recriminazioni non servono, poiché la situazione è questa, anche se penso che non durerà molto e presto o tardi si dovrà riandare alle urne, è necessario che qualcuno abbia il sacrosanto coraggio di ripartire con umiltà, cercando di capire gli errori fatti, di essere sensibile agli umori della gente, di rendersi conto dei motivi per cui la classe politica è vista ormai con ostilità e disprezzo. Non si può lasciare in mano questa ”insurrezione elettorale” al M5S, vale a dire a Casaleggio & Grillo, anche perché credo che sia evidente come i quasi dieci  milioni di voti raccolti in tutta Italia, anche in sperduti paesetti, per la quasi totalità non sono di italiani che credono e vogliono sul serio le cose sbandierate dal comico (spesso utopie in mala fede e anche pericolose in alcuni casi), ma semplicemente di italiani che non ne potevano più, che si erano rotti le scatole, che erano incazzati nel vedere che i sacrifici li facevano soltanto loro, che i politici non venivano toccati dall’austerità, che i loro soldi sono stati usati per salvare le banche malamente gestite. Ed hanno scelto un movimento che incanalava rumorosamente la protesta.

Un movimento che adesso viene messo alla prova e che è bene esaminare con attenzione per capirne i meccanismi interni, i modi di gestione, le vere prospettive a lungo termine, a parte il voler “disintegrare il sistema” come afferma Grillo nelle interviste ai giornali esteri, e solo a quelli. Ora è il caso di esaminare a fondo certe strategia, certi “perché” a prima vita singolari, la “filosofia” di base. Il ritrattino che ne esce è molto inquietante soprattutto pensando a chi tira le fila. L’impressione è di burattini governati e condizionati dalla Rete. Mi viene in mente Matrix. Se ne riparlerà.

Gianfranco de Turris

Gianfranco de Turris su Barbadillo.it

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