Il Giappone nell’immaginario globale
L’elemento classico nella tradizione delle terme
La statua di Kannon
La sezione fotografia
Assai stimolante è anche la sezione dedicata alla fotografia, con i soggetti tipici della cosiddetta Scuola di Yokohama, dove si riprendono i temi principali della pittura e della stampa xilografica giapponesi dell’era Edo. Esiste una chiara vicinanza tra la visione fotografica di questa scuola e il genere delle cosiddette “vedute”, raffiguranti paesaggi e luoghi celebri (Meisho-e). Cogliamo l’occasione per celebrare uno dei tanti primati orientali che vanta il nostro Paese, grazie alle sue collezioni asiatiche, ma anche nella divulgazione della conoscenza del Giappone. Sarebbe a dire, che i due più importanti fotografi che hanno accuratamente ritratto la società giapponese durante l’Era Meiji (1868 – 1912) erano per l’appunto italiani: Felice Beato e Adolfo Farsari. Sempre dello stesso periodo sono le pitture a olio di paesaggi giapponesi di Arnold Henry Savage Landor, artista fiorentino, ma di origine britannica.
Il legame tra robot giapponesi e la figura del samurai
Alcuni studiosi potrebbero, comprensibilmente, storcere il naso nel trovarsi improvvisamente davanti a una montagna di giocattoli giapponesi. Ciononostante, questa mostra più che per gli addetti ai lavori, è stata pensata come una specie di Wunderkammer per gli appassionati, atta a risvegliare quella antica fascinazione verso l’Oriente, oggi un tantino schiacciata da una visione fin troppo cinica e disincantata dell’Asia in generale. In aggiunta, esiste un legame abbastanza diretto tra i robot giocattolo prodotti in Giappone nel Secondo Dopoguerra e la figura dei samurai, con le loro splendide armi e armature. Se in questa occasione si è voluto – come sembra abbastanza chiaro – mettere in mostra un po’ tutto di quello che gli abitanti del paese del Sol Levante sono stati capaci di creare grazie al loro ingegno, allora anche i giocattoli ci possono stare, perché no! Poi, forse non molti sanno che in Giappone esiste una antica arte nel creare degli automi, sofisticate bambole meccanizzate chiamate karakuri ningyō. In mostra possiamo perciò ammirare delle belle collezioni di giocattoli nipponici, come quella Modina, una delle più importanti a livello internazionale; tanto che ci viene in mente una idea affascinante: in Italia ci sono le maggiori raccolte di giocattoli al mondo, perlopiù in musei privati, allora perché non crearne anche uno sul giocattolo giapponese?
Quando si parla di modellini di robot e astronavi, il collegamento col cinema di animazione è scontato. Infatti, in questa esposizione ci si ricorda di un anime ormai entrato nel mito, ovvero il primo cartone prodotto per la televisione giapponese nel 1963: Tetsuwan Atom, del grande Osamu Tezuka, successivamente esportato in tutto il mondo con il nome di Astro Boy. Sono giustamente qui ricordati i manga e gli anime, poiché da quando li abbiamo conosciuti e apprezzati in Occidente, i fumetti della Bonelli e della Marvel, come i cartoni di Hanna & Barbera e Walt Disney, ci sono subito sembrati un po’ fasulli e alla fine qualitativamente non così buoni. È importante, come nel caso di questa mostra, riflettere su quanto la cultura pop nipponica abbia cambiato il nostro immaginario, quello che dal punto di vista critico si chiama sense of wonder.
Le collezioni orientali nei depositi dei musei
In conclusione, Giappone: dai Samurai a Mazinga può sembrare per i palati orientalistici più sofisticati un grande e suggestivo bazar dal taglio esotico, e in buona parte è così. Purtuttavia, questa mostra ha per noi due elementi di grande interesse. Il primo sta nel fatto che la varietà tipologica degli oggetti esposti ci conferma, se qualcuno ne avesse ancora bisogno, la grandezza della cultura giapponese. Il secondo, e persino più importante, riguarda il fatto che dovremmo essere meno esterofili e capire che le collezioni orientali, pubbliche e private, italiane sono le più ricche d’Occidente; solamente che non lo sappiamo, visto che non le conosciamo e molte sono sciaguratamente obliate nei depositi dei musei, ma comunque esistono e sono sontuose!