Idee. Difendere la terra e non dimenticare storie come il bombardamento Usa a Isernia

ambienteSi sono svolte il 21 settembre in tutto il mondo varie manifestazioni per denunciare il cambiamento climatico e i suoi effetti disastrosi sul pianeta. In particolare, a New York oltre trecentomila cittadini hanno sfilato per chiedere una svolta radicale nella politica economica dei grandi della Terra. E si tratta, tra parentesi, di una questione ben più seria della salvaguardia dell’euro e dello “spread”, cui ci hanno assuefatti i media nostrani! Tutto ciò mi ha riportato a questa estate sbarazzina, a un pomeriggio di luglio oltremodo piovoso con temperature poco estive. Non potendo fare escursioni tra i boschi, si era deciso di visitare Isernia. Qui l’attenzione fu attratta da una stele del centro storico, dove è riportata una bella poesia del poeta Carlo Betocchi, che commemora il terribile bombardamento di Isernia del 10 settembre 1943 da parte delle forze aeree anglo-americane, ad appena due giorni dall’armistizio firmato da Badoglio con gli Alleati.

La popolazione d’Isernia “accolse con festosi saluti e sventolio di fazzoletti bianchi gli aerei anglo-americani che sorvolavano la città”, ignorando il triste destino che l’attendeva. Infatti, gli aerei anglo-americani con un feroce e incomprensibile bombardamento distrussero gran parte del centro abitato, uccidendo circa 4000 persone. Perché questo tragico evento in un luogo dove non c’erano obiettivi militari da colpire? Secondo alcuni storici il bombardamento di Isernia si inserisce nel quadro di una serie di attacchi “strategici” (diciamolo senza ipocrisia, terroristici) che l’esercito anglo-americano condusse sul suolo italiano per indebolire le difese tedesche. Si pensa che uno dei principali obbiettivi del bombardamento fosse il viadotto Cardarelli, che metteva in comunicazione la parte tirrenica e quella adriatico. Ciò nonostante, il viadotto Cardarelli non subì alcun danno dal bombardamento. Ecco una pagina di storia, di cui si è persa la memoria. Confido che non accada altrettanto all’allarme lanciato ieri sul cambiamento climatico.

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Sandro Marano

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